JTI (Japan Tobacco International) ha siglato oggi un nuovo accordo con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per l’acquisto di tabacco italiano. Un impegno a lungo termine che si traduce in ulteriori 160 milioni di euro per il settore, portando così il totale degli investimenti di JTI nel nostro Paese a 620 milioni di euro sino al 2020.
Questi i dati citati oggi durante la conferenza organizzata in occasione della firma del nuovo accordo, alla presenza dei Ministri Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento, e Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. La nuova intesa programmatica è stata presentata da Vassilis Vovos, Presidente della Regione Western Europe di JTI, insieme a PierCarlo Alessiani, Presidente e Amministratore Delegato di JTI in Italia.
“Questo accordo rappresenta per noi un impegno economico pluriennale molto significativo per l’acquisto di tabacco italiano – ha dichiarato Vassilis Vovos – E’ il segno tangibile del nostro supporto ai tanti coltivatori e addetti che operano in questo importante settore in Italia, e che hanno sempre prodotto tabacco in linea con i nostri standard di qualità per le attività di JTI a livello globale”.
PierCarlo Alessiani ha aggiunto: “JTI ha siglato quest’accordo perché consapevole di come il settore tabacchicolo italiano rappresenti un’eccellenza e un comparto produttivo molto importante per il nostro Paese. Un accordo per la prima volta quadriennale che permette di assicurare un’ulteriore e concreta stabilità alla filiera”.
L’impegno decennale a favore della tabacchicoltura italiana ha visto il coinvolgimento di oltre 1.700 addetti nelle fasi di coltivazione, raccolta e prima lavorazione del tabacco e l’acquisto di circa 128 mila tonnellate di tabacco per un valore complessivo, dal 2005 ad oggi, di oltre 460 milioni di euro.
Dal 2005, JTI si è impegnata con il Ministero dell’Agricoltura siglando diversi accordi per l’acquisto di tabacco, dalla durata di tre anni. Oggi, per la prima volta, JTI ha firmato un’intesa della durata di 4 anni (2017-2020), con l’obiettivo di garantire una sempre maggiore stabilità alla filiera italiana tramite l’acquisto di tabacco in foglia, e supportando l’implementazione di programmi specifici – definiti nelle Buone Pratiche Agricole (GAP – Good Agriculture Practice), negli Standard Agronomici Minimi (MAS – Minimun Agronomic Standards) e con gli standard relativi alle buone pratiche del Lavoro Agricolo (ALP – Agricultural Labour Practices) – al fine di assicurare, nel lungo termine, la sostenibilità e migliori condizioni di lavoro all’interno della filiera.
Dal 2012, JTI ha inoltre garantito un supporto al settore attraverso la stipula di accordi commerciali con il Consorzio TTI (Trasformatori Tabacco Italia), diventato nel tempo un modello di efficienza capace di attrarre un numero sempre crescente di produttori provenienti da diverse regioni italiane. Maarten Bevers, Vice President Global Leaf e CA&C di JTI, ha commentato: “Siamo molto soddisfatti del percorso di diretta collaborazione tra JTI e la filiera avviato in questi anni. Siamo fortemente convinti che questa relazione, oltre alla capacità dimostrata dal settore nel migliorare la sostenibilità della coltura dal punto di vista qualitativo, economico, sociale, ambientale e tecnologico, abbia giovato alla competitività del tabacco italiano”.
Lo sviluppo del settore, gli aspetti socio-economici della filiera e il ruolo degli accordi stipulati con JTI sono poi i temi al centro della ricerca realizzata da SWG, presentata oggi in occasione di una tavola rotonda, presso la sede di Confagricoltura, alla presenza di Maarten Bevers, Vice President Global Leaf e CA&C di JTI, PierCarlo Alessiani, Presidente e Amministratore Delegato di JTI Italia, Adrio Maria De Carolis, Amministratore Delegato di SWG, Mario Guidi, Presidente Confagricoltura, On.Luca Sani, Presidente Commissione Agricoltura Camera, Sen. Roberto Formigoni, Presidente Commissione Agricoltura Senato, On. Mario Catania, Presidente della Commissione per la lotta alla contraffazione, e On. Walter Verini, coordinatore dei parlamentari delle zone tabacchicole, Fernanda Cecchini, Assessore all’agricoltura Regione Umbria.
Secondo la ricerca, l’introduzione di stringenti disciplinari di produzione – incentivati dalle Istituzioni attraverso i Programmi di Sviluppo Rurale e da aziende come JTI in fase di stipula degli accordi commerciali – hanno favorito la diffusione delle buone pratiche agricole, utili non solo a garantire il rispetto delle normative e condizioni di lavoro qualitativamente elevate, ma anche a migliorare le performance ambientali della coltura in tutto il ciclo produttivo. La riduzione dell’impatto ambientale è stata e viene tutt’ora perseguita attraverso il miglioramento continuo delle tecniche e l’utilizzo di nuove tecnologie che consentono di ridurre il rischio di agenti inquinanti nel terreno e di razionalizzare l’utilizzo delle risorse idriche contrastandone gli sprechi.
Questi i fattori che hanno determinato, a partire dal 2013, una graduale ripresa della produzione e delle superfici investite. In particolare, nel 2015 la produzione complessiva di tabacco si assesta poco oltre le 60.000 tonnellate (con un incremento del 23% rispetto al 2012), con una superficie investita nella coltivazione di oltre 15.000 ettari.
Dallo studio emerge chiaramente come la collaborazione tra imprese, istituzioni e territorio abbia consentito al settore di riorganizzarsi, razionalizzarsi e di sfruttare sinergie con le altre coltivazioni così da assicurare crescita e sviluppo sia ai grandi che ai piccoli produttori.
Gli accordi con le manifatture, la ristrutturazione delle Organizzazioni dei Produttori, e la concentrazione della fase di prima trasformazione, hanno permesso ai tabacchicoltori di avere quella continuità e stabilità del settore che sono alla base di qualunque sviluppo economico.
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“La coltivazione del tabacco in Umbria”
Aspetti socio-economici della filiera e il ruolo degli accordi con JTI
La ricerca realizzata da SWG a cura di Flaminia Ventura (Università degli Studi Perugia) analizza lo sviluppo del settore con specifico riferimento alla regione Umbria, gli aspetti socio-economici della filiera e il ruolo degli accordi stipulati con JTI.
Un modello virtuoso – L’Umbria si è sempre distinta a livello nazionale per la grande rilevanza che il tabacco ha avuto e continua ad avere, sia in termini di Produzione Lorda Vendibile, che per la sua capacità di attivazione dell’economia locale e dell’occupazione. Oggi, la regione (e in particolare l’Alta Valle del Tevere) è la maggiore produttrice in Italia di tabacco Virginia Bright (il tabacco usato come base per la produzione di sigarette): dato che conferma lo storico legame dell’Umbria con questa coltura nonché l’importanza di un distretto che – per capacità e organizzazione – ha saputo sviluppare e mantenere nel tempo una produzione all’avanguardia e di qualità. Un modello di lavoro virtuoso, quello umbro, da esportare ad altri settori come l’alimentare, ma anche alle altre regioni per l’opportunità che offre non solo alla filiera ma all’economia e alla società tutta. La ricerca ha analizzato dimensioni e caratteristiche di questo modello.
Produzione
Una sfida per tutto il settore – Con l’avvio della Riforma della Politica Agricola Comune (PAC), la superficie tabacchicola, e di conseguenza anche la produzione, è diminuita in tutte le Regioni produttrici. Una riduzione che ha riguardato tutti i tipi di coltivazione di tabacco in tutte le regioni produttrici (Umbria 33%, Veneto 43% e Campania 65%) e che è proseguita gradualmente fino al 2012, anno in cui è terminato l'aiuto accoppiato alla produzione previsto dai precedenti accordi della PAC.
Dal 2013 si assiste invece ad una graduale ripresa della produzione e delle superfici investite. In particolare, nel 2015 la produzione complessiva di tabacco si assesta poco oltre le 60.000 tonnellate (pari al 53% di quanto prodotto nel 2005, ma con un incremento del 23% rispetto al 2012), con una superficie investita di oltre 15.000 ettari.
La risposta dell’Umbria
L’Umbria si è contraddistinta, sia nel periodo di riduzione che in quello di crescita, per una maggiore stabilità grazie all’esistenza del distretto dell’Alta Valle del Tevere (AVT) che ha agito da ammortizzatore attenuando l’effetto di uscita dal settore di molti agricoltori. Allo stesso tempo, la regione ha controllato la nuova fase di rientro agevolando i coltivatori storici che avevano subito la crisi ed evitando così fenomeni speculativi.
Tuttora, la produzione è concentrata nell’AVT dove, grazie anche all’aumento delle rese, è addirittura più elevata di quella del 2005, anno di inizio della Riforma, con il 75% della superficie tabacchicola di tutta la regione.
I tabacchicoltori umbri nel 2014 hanno prodotto nel complesso 19.600 tonnellate di tabacco su una superficie di 6.036 ettari (dato che colloca la regione al primo posto in termini di superfici coltivate). Di questi solo 160 erano coltivati a tabacchi diversi dal Virginia Bright (Kentucky e Burley), che, pur avendo un peso marginale nel panorama regionale, hanno visto un incremento nell'ultimo decennio.
Mettendo a confronto i trend delle superfici investite e del numero di aziende produttrici si evidenzia un aumento della dimensione media aziendale: la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) tabacchicola media passa da 12 a 18 ettari.
Occupazione
Dall'analisi dei dati emerge che in Umbria, tra fase di campo (coltivazione e cura) e battitura, il tabacco è in grado di attivare oltre 2,5 milioni di ore di lavoro corrispondenti a circa 400.000 giornate di lavoro l’anno, concentrate nei mesi che vanno da aprile a ottobre per le fasi di campo e nei mesi successivi per la battitura. Oltre il 95% di questa quota è legato alla produzione di tabacco Virginia Bright.
Mettendo a confronto i dati relativi al tabacco Virginia Bright a livello nazionale si evidenzia il ruolo dell'Umbria come prima Regione italiana per occupazione nel settore, con un monte ore complessivo doppio rispetto al Veneto e pari, nel 2015, al 62% delle ore complessive impiegate per questa coltura a livello nazionale.
Nel dettaglio, se nel 2005 la manodopera attivata in Umbria dal settore del tabacco raccoglieva il 18% del totale del monte ore nazionale, nel 2015 il suo valore era del 30%.
Analizzando i dati, emerge che il comparto del tabacco incide sulla manodopera agricola complessiva a livello regionale per l'8%. A livello provinciale la manodopera impiegata in tabacchicoltura è concentrata nella Provincia di Perugia (96%), con un'incidenza del 10%.
Il ruolo centrale della tabacchicoltura nel distretto agricolo dell'Alta Valle del Tevere emerge in maniera netta analizzando i dati relativi all'occupazione nei sette Comuni tabacchicoli del distretto. In questi Comuni la manodopera impiegata nel tabacco costituisce circa il 52% della manodopera agricola totale, con delle punte superiori al 60% a Città di Castello e Citerna.
Valore economico
Cresce resa e competitività – Il tabacco Virginia Bright, considerando il prezzo medio di vendita nel 2012 pari a 2,30 €/kg, ha portato a un valore complessivo del Prodotto Netto di 35 milioni di euro. Tale valore, nel 2014, è risultato pari a circa 51 milioni di euro – con un incremento del Prodotto Netto di 16 milioni di euro – considerando gli incrementi della superficie e un prezzo medio pari a 2,67 €/kg.
Le rese medie sono passate da 2,8 kg/ha a 3,3 kg/ha: un risultato importante per la redditività economica della coltura perché ha consentito un aumento dei ricavi mediamente di 1.000 €/ha.
Un obiettivo raggiunto migliorando le tecniche e monitorando ed elaborando i risultati delle sperimentazioni continue, sostenute finanziariamente quasi esclusivamente dai produttori e dalle loro Organizzazioni. Un risultato ancor più importante considerato che l’aumento delle rese è andato di pari passo con l’aumento della qualità commerciale del tabacco e della sostenibilità ambientale della coltura.
Una ricchezza che rimane nel territorio
Nel complesso, quindi, l’impatto economico delle attività che fanno capo alla filiera che va dalla produzione alla prima trasformazione, stimato in termini di Prodotto Netto, è stato pari, nel biennio 2013-2014, a circa 65 milioni di euro. Di questi, circa 47 milioni di euro sono stati prodotti nel distretto dell’AVT. La filiera del tabacco in Umbria, sempre nello stesso biennio ha garantito retribuzioni, tra salari e stipendi, per oltre 17 milioni di euro dei quali 13 milioni per gli addetti del settore che operano nell’AVT.
Va sottolineato che l’organizzazione di tipo distrettuale della coltivazione del tabacco e la presenza di un’industria delle macchine agricole specializzata per tale coltivazione, consentono di mantenere all’interno del sistema locale una quota importante del trasferimento della ricchezza prodotta dal tabacco dall’agricoltura agli altri settori. Sia i prodotti energetici che i prodotti provenienti dall’industria chimica, quali i fitofarmaci, sono acquistati direttamente da rivenditori locali o contrattati direttamente con l’industria dal sistema delle cooperative di servizi, pertanto il margine di intermediazione ricade per gran parte all’interno del sistema locale. Lo stesso avviene per il settore bancario e assicurativo: nel secondo settore vi sono, infatti, agenzie locali che operano in modo specifico nel settore del tabacco.
Per concludere
La coltivazione del tabacco è parte integrante dell’identità storica, culturale e ambientale dell’Alta Valle del Tevere e come tale viene ancora oggi difesa e incentivata. Una componente importante del suo radicamento sta certamente nell’impatto economico e occupazionale che questa coltura ha saputo generare e garantire nel corso degli anni, anche grazie al costante impegno e alla determinazione del sistema cooperativo e distrettuale.
Questa attenzione è stata una delle leve, come detto, dell’innovazione nel settore agricolo e industriale del distretto che ha portato agli investimenti, ma anche alla diversificazione nell’agriturismo e nel turismo rurale.