“È notte, dopo una cena consumata con illustri conoscenti dell’alta società parigina, Gioachino è seduto in poltrona, nel salone della villa di Passy. È solo”. Una scena domestica, una semplice situazione quotidiana quella che apre Ehi Giò la nuova opera di Vittorio Montalti che inaugura la 70esima Stagione del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto.
Su libretto di Giuliano Compagno, il lavoro che andrà in scena al Teatro del Complesso di San Nicolò di Spoleto venerdì 9 settembre alle ore 20,30; sabato 10 alle ore 20,30 e domenica 11 alle 17, è dedicato alla figura e soprattutto ad alcuni aspetti anche meno noti e controversi di Gioachino Rossini. Montalti, Leone d’Argento per la musica alla Biennale di Venezia nel 2010, ha risposto alla chiamata dello Sperimentale che gli ha affidato l’Opera Nova di questa edizione, il progetto che da più di vent’anni promuove nuove composizioni di giovani artisti e drammaturghi sul palcoscenico del Lirico spoletino. Si ricordano i precedenti, dal compianto Leo De Bernardinis a Pippo Delbono, da Antonio Tarantino a Mario Perrotta, fino all’irriverente duo ricci/forte dello scorso anno.
«Dinanzi a personalità complesse quale fu quella di Gioachino Rossini, non vi è biografia che tenga e che si dimostri in grado di esaurirla – scrive Vittorio Montalti -. A maggior ragione, un’opera a lui dedicata non potrà che toccare, con delicatezza e con gusto, quegli aspetti contrastanti che insieme albergavano, in forme a tratti incomprensibili, nel suo animo. Un accordo reso difficile dalla indefinibile umanità di un artista tanto nascosto a se stesso quanto consapevole del suo genio creativo. A tale paradosso se ne aggiunse un altro, per cui il suo destino sarebbe rimasto indifferente a un carattere tanto marcato, come se le due entità non si fossero mai sovrapposte. Da qui avrà origine l’unicità di un dandy popolare, la cui vita emotiva, tanto profonda, semplice e contorta al contempo, divenne condizione dell’esperienza e giammai riducibile a un immenso aneddoto».
Sebbene, a proposito di aneddoti, pare che Rossini ordinasse per la sua tavola i tartufi di Spoleto, prediligendo il tartufo nero, come si legge in una lettera custodita nel Museo istituito da Adriano Belli, in cui il compositore ringrazia per il pacco dono. Inoltre, è storia nota che il Cigno di Pesaro nel 1817 abbia suonato in incognito il contrabbasso nella sua Italiana in Algeri al Teatro Caio Melisso di Spoleto.
L’allestimento scenico di quest’opera che ci regalerà un’immagine inedita del grande Rossini, raccontandoci il suo vivere al di là delle scene è di Davide Amadei, firma la regia Alessio Pizzech, non nuovo allo Sperimentale, che descrive la sua creazione come «un puzzle scenico, un assieme di oggetti e mondi diversi in un’assurda carambola poetica fatta di illuminazioni e frammenti di un discorso “sopra la propria genialità”. Rossini “post mortem” si racconta a noi. Nascosto nel suo rifugio dal mondo, Rossini, forse visitato o forse disturbato, da una squadra di giovani operai venuti a dismettere, a mettere le mani nei segreti luoghi del teatro, in un camerino dell’anima, in un palcoscenico nel palcoscenico, ecco che il Maestro si rivela a noi, misteriosamente ed in modo inafferrabile; ci parla della sua umanità, della memoria di qualcosa che è stato, di una gloria finita. Rossini si fa così portavoce di una fuga dal mondo e da coloro che critici, o impresari o le stesse donne della sua vita, parlano di lui… della sua identità di uomo e artista».
Sul palco, a impersonare Gioachino Rossini, l’attore Emanuele Salce, figlio dell’indimenticabile Luciano, che molti, tra l’altro, ricorderanno giovanissimo nel film Di padre in figlio per la regia di Alessandro e Vittorio Gassman, in cui interpretava la parte di se stesso.
L’ensemble strumentale dello Sperimentale sarà diretto da Enrico Marocchini, specialista del repertorio del nostro tempo.
In scena, i cantanti del Lirico Federica Livi, Sara Intagliata, Marco Rencinai, Salvatore Grigoli, Alessandro Abis e il performer Giuseppe Nitti.
Prossimo appuntamento: al Teatro Caio Melisso – Spazio Fendi, vero luogo deputato per la musica settecentesca, due intermezzi “dimenticati” di Francesco Feo, Rosicca e Morano, in collaborazione con il Centro Studi Pergolesi dell’Università di Milano (16-17-18 settembre).