Questa è la storia di un tentato stupro avvenuto nel territorio di Nocera Umbra, in prossimità di Sorifa, a danno della ventiduenne Maddalena Ansuini (1887-1953). Maddalena, detta “Nenella” era figlia di Andrea Ansuini di Le Prata, sposata nel 1909 con Antonio Giacobetti di Collecroce. E’ la prima dei sette figli di Andrea Ansuini,
quasi tutti emigrati prima o poi nelle Americhe: Santa, nata nel 1889, sposata con Francesco Buccilli ed emigrata in Nordamerica, Caterina, sposata con Secondo Belli e poi emigrata in Argentina, Giovanna, sposata con Mariano Orazi di Ceresole, Antonio, morto a 28 anni negli Stati Uniti nel 1925 a seguito di incidente stradale , Maria e Natalina sposate con 2 fratelli, Costantino e Americo Belli, e poi tutti insieme partiti per l’Argentina nel 1927 senza fare più ritorno. Il fatto fu raccontato, sulla base di documenti d’archivio del tribunale, in articolo apparso sul Corriere dell’ Umbria nell’ ottobre 1989,
a firma della giornalista Rita Boini. Sulla scorta di quell’articolo ben documentato si vuole proporre di nuovo questa storia ,o cronaca come dir si voglia, quasi facendone la parafrasi e aggiungendo solo alcune precisazioni su luoghi, persone e circostanze. Dunque, come abbiamo già detto, la ventiduenne Maddalena da pochi mesi é sposata con Antonio Giacobetti di Collecroce, che in quel periodo si trova in Maremma per lavoro. Da Collecroce è venuta a fare visita alla madre Giuditta, nel paesino di Le Prata ( allora era chiamato “Le Prata di Sorifa” ). E’ una fredda giornata di novembre, domenica, e sono già le 16, quindi Nenella si avvia per tornare a casa, dove l’attendeva la suocera che era inferma a letto. A quell’ epoca non esisteva l’attuale strada provinciale che da Sorifa conduce a Collecroce e la via normalmente usata era poco più che un sentiero carrabile che passava attraverso la Valle Mosciano, o Fosso di Mosciano, per risalire poi sul fianco della montagna. La strada è lunga e il Fosso Mosciano è un luogo nascosto e poco transitato. L’accompagna la madre fino a Sorifa. Si fermano davanti all’osteria perché incontrano Secondo Belli (1886-1930), fidanzato di Caterina, sorella minore di Nenella.
Secondo offre da bere alle due donne ed entra a prendere due bicchieri di vino per portarli fuori. La Nenella, del resto non intende entrare, perché attraverso la finestra ha visto un compaesano giocare alla morra con gli amici: Antonio Staccioni (1889-1938) di Le Prata, che poco tempo prima aveva già tentato di molestarla. Dopo aver fatto un breve brindisi con Secondo si rimette in cammino, affiancata per un tratto da un’amica e da Angela Fiorentini, sorella di don Pietro, parroco di Sorifa. Antonio Staccioni, che dall’ osteria aveva visto la giovane donna , si incammina anche lui nella stessa direzione . Presso il ponte di Sorifa incontra Stefano Marcantoni (1844-1923) che ritorna da un campo con la “crinella” piena di fave secche per le bestie. Stefano lo intrattiene alcuni minuti chiedendogli anche se il lunedì seguente verrà ad aiutarlo nella la raccolta delle patate; lo Staccioni appartiene ad una famiglia povera, quasi nullatenente e per vivere fa il prestatore d’opra a giornata. Egli risponde di si, ma con lo sguardo continua a seguire la Nenella che intanto si separa dalla compagne e imbocca la strada del “fosso”.
A fianco del ponte sul torrente che viene da Le Prata, a sinistra, si prende la strada del “Fosso Mosciano”. Appena può liberarsi da quell’ incontro inopportuno, lo Staccioni si avvia per la stessa strada. Poco oltre incontra Pacifico Tomassetti ( 1942-1923 ) che funge un po’ da sagrestano e sta per andare sulla chiesa parrocchiale per suonare le campane. “Quant’è che è passata Nenella? “ Pacifico , detto il “Maestrone” abita nello stesso paese, Le Prata, e conosce bene il giovanotto e le sue abitudini, quindi sospettando qualcosa, risponde: E’ già un bel pezzo che è passata, ormai sarà già arrivata “. Lo Staccioni non prende per buona l’ informazione; prosegue lungo la strada del Fosso Mosciano ed in breve raggiunge la donna, che a sua volta subito affretta il passo. “Non correre che ti faccio compagnia io!”; “Passa innanzi, non ho bisogno di compagnia!”; “Ci vieni stasera a ballare a Sorifa?” “Stasera non vado da nessuna parte ché mio marito non c’é e poi mia suocera é malata”. Allora il giovane cambia atteggiamento e con decisione le sbarra la strada dicendo : ” Me la dai o non me la dai?
Che se no t’ammazzo!”. E lei: “Non provare a toccarmi, smettila di fare il matto!” Ma subito la sbatte a terra e si butta sopra di lei. La ragazza grida e si difende energicamente, ma lui la prende per la gola stringendola per farla tacere e cerca di immobilizzarla premendole il ginocchio contro la pancia. Riesce a scansare la gonna e ad arrivare alle mutande, ma all’improvviso la Nenella cessa di dimenarsi e per un attimo perde conoscenza. L’aggressore si blocca, si raggela e lo sfiora il pensiero che possa essere morta. La donna tuttavia, profittando dello smarrimento dell’aggressore, si rialza e scappa correndo con tutte le forze che le restano. Risalendo lungo la strada che porta a Mosciano, passa, senza nemmeno vederli, vicino a due giovani di Mosciano che pascolano le pecore, Luigi Marinangeli e Andrea Perticari di diciassette e tredici anni. Questi, che la vedono sporca di terra, piangente e con il naso che perde sangue, le domandano che cosa è successo, ma lei non risponde, continua a camminare gridando : “ Oh Dio, oh Dio ! “ Alle soglie del paese di Mosciano la vede arrivare Giovanni Cucchiarini, suo zio da parte del marito. Intervengono, allarmate e premurose, alcune donne del paese che cominciano a farle domande, ma lei si limita a rispondere che lo Staccioni di Le Prata l’ha malmenata lungo la strada del fosso.
Lo zio Cucchiarini, che probabilmente ha compreso quello che è successo e vedendola in stato di shock, non insiste con le domande e dalle donne la fa portare a casa di Silvestro Cordiali, un altro parente. Qui viene messa a letto e vi resterà per alcuni giorni. Riceve il conforto delle donne e dei parenti e quando si sente un poco tranquillizzata fa il racconto completo di ciò che è avvenuto allo zio, che è il più anziano della famiglia. Questi non esita a recarsi a Nocera per fare la denuncia ai carabinieri e l’ affare finisce presto in tribunale. Come è facile immaginare l’argomento diventa di dominio pubblico, motivo di commenti e discussioni tra la gente del luogo, specialmente nei paesi di Sorifa e Le Prata. Qualcuno racconta che già un mese prima Staccioni aveva pedinato Nenella con scopi facilmente immaginabili. Stefano Marcantoni, della casata cosiddetta di “Zucca” , che fu testimone dell’ inizio del fatto, racconta: “ Quello lì già un paio di settimane fa aveva dato scandalo davanti ai miei figlioli con quella donnaccia che disonora il paese, ‘La Pronta’ .” Come osserva l’autrice dell’ articolo giornalistico: la vicenda mette in subbuglio il paese, ma anche il tribunale.
L’ avvocato difensore chiede che l’ imputato venga processato per lesioni personali. Al che il Procuratore del Re ( così si chiamava all’epoca) usando parole e tono non usuali nei tribunali di quel tempo, esplode: “ Che cos’è se non tentata violenza buttare a terra una donna e dire ‘Me la dai o non me la dai, che sennò ti ammazzo!?’ Perché ci sia il tentativo è proprio necessario che?…” Dalla relazione che il medico inviò al maresciallo dei carabinieri di Nocera Umbra si comprende facilmente quale sia stato il tenore dell’aggressione e come la vittima si sia difesa con tutte le sue forze, vista la quantità di lesioni riportate. La suddetta relazione infatti dice: Ho visitato Maddalena Ansuini e le ho riscontrato: 1- ematoma da contusione nella regione occipitale; 2-contusioni escoriate alle regioni carotidee; 3-contusioni escoriate agli avambracci; 4- contusioni con ecchimosi alla regione deltoidea, scapolare e sottoscapolare destra ed alla lombo-sacrale. Dette lesioni sono guaribili in giorni quindici con riserva. Il certificato reca la data del 29 novembre 1909. Con questi presupposti ovviamente il colpevole viene condannato e rimane in galera per diverso tempo.
Pietro Nati