A colloquio con Maria Cecilia Berioli, concertista e promotrice artistica.
L’occasione del virus ha portato in luce una vecchia questione relativa alle espressioni artistiche e alla loro fruibilità. Dal suo punto di vista di musicista avvezza alle grandi platee, come la vede?
Quello che stiamo vivendo è un momento di forte disorientamento dovuto ad un’emergenza mai vissuta prima; però noi artisti, con tutti gli operatori del mondo dello spettacolo, ci sentiamo veramente dimenticati dal nostro Governo. Se è vero che la pandemia ha colto tutti impreparati, è pur vero che per altri settori si stanno studiando provvedimenti e strutturando azioni finalizzate alla ripresa; mentre di politica relativa all’arte e alle sue espressioni non si parla ancora. Nessun segnale per il nostro settore.
Conviene anche qui ricordare che la cultura – e, nello specifico, il mondo dello spettacolo – ha una duplice valenza che non può essere trascurata: quella più strettamente economica, dato il rilevante numero di lavoratori in esso coinvolti e che vanno ad alimentare più o meno direttamente anche l’importante filiera italiana del turismo; ma anche e soprattutto occorre non dimenticare mai la valenza identitaria della cultura e dello spettacolo: ricerca, consapevolezza e creatività di oggi sono le radici su cui far crescere le generazioni che saremo domani.
Tutto ciò premesso, c’è un segnale, tuttavia, incoraggiante da registrare: negli ultimi giorni – o meglio nelle ultime ore – si sta sviluppando una forte e vivace spinta dal basso: gli artisti si stanno organizzando per sollecitare il Governo con raccolte di firme e altre azioni opportune.
La cultura è sempre all’ultimo posto. Avviene già in tempi normali, ma la tendenza si aggrava in questo momento di criticità, di fronte a urgenze pressanti e restrizioni obbligatorie. Come ricreare il contatto con il pubblico?
Qui sono presenti due temi, entrambi vitali e tra di essi interconnessi. La prima risposta riguarda il tema delle priorità. È fuori discussione che temi quali salute, trasporti, produzione, etc…, necessitino di primaria attenzione, ma l’esperienza che stiamo vivendo in questi giorni ci mostra quanto l’espressione artistica sia nondimeno fondamento ed alimento del vivere quotidiano di ciascuno. Proprio in questo periodo di distanziamento sociale le persone ci chiedono di continuare a fare musica, in qualsiasi modo, perché hanno bisogno, nello smarrimento totale, di sentirsi in contatto con una matrice interiore che ci restituisca forza e speranza, che ci aiuti a credere in una bellezza e in un’armonia ancora possibili. Possiamo quindi dire che la musica – e la cultura più in generale – si pongono come elementi rigeneratori essenziali.
Al momento, per ovviare all’impossibilità di esibirci in presenza del nostro pubblico, noi di UmbriaEnsemble abbiamo utilizzato la modalità dell’offerta concertistica in streaming.In collaborazione con il Comune di Perugia/Assessorato alla Cultura, già dalla fine dello scorso febbraio abbiamo lavorato ad una serie di concerti – “Il Cielo in una Stanza” – che ha avuto successo straordinario, perché organizzata come fosse una vera stagione di Concerti dal vivo (con temi diversi, calendarizzazione, orari definiti…) sebbene in forme alternative, adattate a questa situazione di emergenza, ma decise tuttavia a definire, attraverso il tempo della Musica, una “normalità” nel tempo fluido in cui ci troviamo a navigare. Devo dire, però, che nonostante sia stato realizzato un prodotto artistico di valore, frutto del lavoro di una squadra affiatata, e destinato dunque a rimanere nel tempo, è ovvio che questa formula di comunicazione non potrà essere sostitutiva dello spettacolo dal vivo, poiché la musica, nella sua piena e naturale espressione, vive soltanto attraverso il feedback che si stabilisce tra esecutori e pubblico. Un concerto, ma anche un avvenimento teatrale, un qualsiasi incontro d’arte con gli spettatori, costituisce un “evento” nel significato più autentico del termine, in quanto tra artisti e fruitori avviene uno scambio, si offre e si riceve un nutrimento reciproco che insieme costruisce l’evento nella sua unicità.
Mi piace pensare che pur nelle circostanze disagiate in cui versiamo, l’avvicinarsi dell’estate costituisca una speranza, dato che la possibilità di poter nuovamente fruire di spazi all’aperto permetterà di ovviare a molte restrizioni vigenti. Il problema si riproporrà in autunno, quando gli spettacoli dovranno tornare al chiuso, nel caso in cui non si sarà risolta l’emergenza attuale. Occorre quindi pensare fin da ora formule di fruizione possibili.
Non si chiede l’impossibile. Ma a quali condizioni?
Noi tutti siamo disponibili ad adottare qualsiasi forma provvisoriamente alternativa, pur di mantenere viva la nostra attività creativa per il pubblico; e non mi stancherò mai di ripetere al Governo la richiesta di attenzione verso questo nostro settore. A volte, paradossalmente, riscontriamo maggior attenzione da parte di un’amministrazione locale che da parte del Ministero preposto il quale, per primo, dovrebbe offrirci garanzie. Eppure – lo ripeto – l’immagine dell’Italia nel mondo intero si fonda su tali valori culturali ed artistici. E ricordo ancora che lo spettacolo dal vivo non potrà mai essere sostituito da surrogati in pillole, siano esse musica in streaming o altro: si andrebbe a perdere l’essenza viva dell’Arte e della nostra cultura.
La speranza è che il mondo dello spettacolo si faccia coraggio e sostenga tali richieste?
Assolutamente sì! Questa emergenza è anche una grande occasione per il mondo dello spettacolo, tradizionalmente individualista, per far sentire con forza e coerenza la propria voce, forte e determinata, per una finalità alta che investa non solo gli interessi personali di ciascuno, ma il futuro stesso dell’identità di un Paese.
Marco Nicoletti