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You are at:Home » Caso Orlandi, un “sassolino” fra Bocci e la Marini
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Caso Orlandi, un “sassolino” fra Bocci e la Marini

RedazioneBy RedazioneOttobre 21, 2016Nessun commento4 Mins Read
 
 

di Francesco Castellini – Ci sono “sassolini” che sono in grado di bloccare i più complessi, articolati, sofisticati meccanismi. E come altro considerare il general manager della Sanità umbra, Walter Orlandi, che da mesi e mesi sta tenendo appesa ad un filo la Giunta regionale, se non una pietruzza immarcescibile finita nei più alti ingranaggi?

Lui fa parte della cosiddetta famiglia dei “boiardi di Stato”. Direttore dell’attuale azienda ospedaliera di Perugia e nuovo numero uno dell’assessorato alla Sanità, con un compenso di 140.212 euro.
Il percorso. Classe 1955, laureato in medicina, ha scelto da subito la carriera da funzionario, diventando prima direttore sanitario dell’azienda ospedaliera di Terni, poi direttore generale dell’Usl 2-Perugia, quindi amministratore della società consortile Aus, e dunque direttore generale della Usl 3 Foligno-Spoleto e a seguire direttore generale dell’azienda ospedaliera di Perugia dal 2007 al 2011. Della realtà perugina diventa commissario straordinario fino a dicembre 2012 e ancora direttore dell’ospedale dal gennaio 2013.
Insomma una storia lunga, una vicenda professionale di quelle invidiabili, se non altro per la capacità dimostrata di saper affrontare tempeste e correnti di tante e diverse stagioni. A lui sembra particolarmente legato la presidente Catiuscia Marini, che pur di tenerlo ha più volte messo a rischio la stessa tenuta del governo regionale. La Marini continua a ribadire che la scelta di Orlandi è conseguenza delle sue capacità professionali e della sua maturata esperienza.
Sul sito dell’ospedale di Perugia è pubblicato il curriculum del direttore Orlandi: si parla di 84 pubblicazioni, di progetti di qualità, di “Ospedale accreditato” e di laboratori e dipartimenti realizzati. E a sfogliarlo così si tratta senza dubbio di un percorso prestigioso.
Ma a fargli le pulci ci ha pensato Carla Spagnoli, presidente del Movimento per Perugia, che si è presa la briga di andarci a vedere chiaro. “Innanzitutto – afferma – delle 84 pubblicazioni nessuna è stata pubblicata dalle più importanti riviste medico-scientifiche: per dimostrarlo basta andare sul motore di ricerca “Pubmed.org” che censisce oltre 30.000 riviste mediche e costituisce la “bibbia” delle riviste scientifiche; qui non c’è nessuna pubblicazione del dottor Walter Orlandi! Altri medici, anche umbri, possono contare su oltre 300 pubblicazioni e su più di 9.000 citazioni”.
La Spagnoli si è anche chiesta: ma quante citazioni hanno le pubblicazioni di Orlandi? E questo è quanto alla fine ha certificato: “Il direttore generale ha fatto sì pubblicazioni, ma su riviste come “Gimbe” e molte di queste pubblicazioni sono in realtà estratti e atti dell’Azienda Ospedaliera di Perugia…”.
Ma a quanto sembra neppure questo è stato sufficiente a mettere in discussione la granitica posizione acquisita. Anzi, adesso per lui si preannuncia una paventata promozione, che peraltro potrebbe appianare tutte le convulsioni che affliggono la Giunta. E' di queste ore la discussione del passaggio di Walter Orlandi da direttore generale della Sanità a direttore generale o segretario della Giunta regionale. Una mossa politicamente “obbligata”, perché solo così verrebbe rispettata la promessa fatta all'incontenibile assessore Barberini, che ha chiesto di allontanare una volta per tutte l'Orlandi dalla Sanità umbra.
Ma per quanto scontata la “manovra” sembra comunque destinata a far molto rumore. Intanto perché sarebbe necessaria una delibera ad acta, considerato che da tanti anni i ruoli di direttore e quello di segretario generale della Giunta non sono stati coperti da nessuno in Umbria; e poi perché rappresenterebbe un peso in più difficile da giustificare.
“Tale figura si andrebbe ad aggiungere agli altri 6 direttori regionali già presenti – fanno notare i consiglieri regionali della Lega Nord, Emanuele Fiorini e Valerio Mancini – e andrebbe a costare dai 150mila ai 200mila euro all'anno (più spese e collaboratori)”.
“Tale nomina, quindi – spiegano -, rappresenterebbe solo uno spreco di denaro pubblico, una mossa politica che, tra l'altro, potrebbe aprire la strada alla copertura dell'altra casella che prima o poi qualcuno arriverà a reclamare, dimostrando che saremmo di fronte all'ennesimo gioco di potere perpetrato dal Partito Democratico ai danni dei cittadini”.

 

E non a caso lo sguardo di tutti ora è rivolto al sottosegretario all'Interno Gianpiero Bocci, che a detta dei beni informati, è il vero, implacabile regista di tutta questa tormentata vicenda. Una brutta storia che – ammettiamolo – finora ha avuto solo il potere di mettere in difficoltà l'esecutivo e tenere in fibrillazione la politica locale e che potrebbe non finire qui, con un semplice “promoveatur ut amoveatur”. Perché di motivi per rompere gli schemi e dunque per far valere il proprio peso, si sa, in politica non finiscono mai.

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