di Adriano Marinensi – A gennaio appena trascorso, il 21, sono passati 10 anni da quando il mio fraterno amico Enrico Micheli è morto. E da quando Terni e l’Umbria persero un paladino autorevole. Poco più di 70 anni (era nato nel 1938, a Terni, in Via delle Portelle, specificava) vissuti intensamente e per lungo tempo pure da protagonista sulla scena nazionale. Direttore Generale dell’I. R. I., quando l’Ente economico di Stato era la più grande e variegata azienda italiana. Poi, Deputato al Parlamento, Sottosegretario alla Presidenza nei Governi Prodi, D’Alema e Amato, con la fattiva parentesi di Ministro dei Lavori Pubblici. Da influente Segretario del Consiglio dei Ministri, ha svolto il ruolo di ascoltato tessitore di intese politiche e promotore di molte importanti riforme. Insieme a Prodi e Ciampi, si è impegnato nell’operazione internazionale di ingresso dell’Italia nell’euro.
Ha affrontato numerosi problemi dell’Umbria, cercando la giusta soluzione: dall’industria allo sviluppo sociale, alle infrastrutture, alla cultura e all’Università. Senza dimenticare lo scrittore di successo, autore di 11 romanzi, uno del quali – Le scale del paradiso – gli valse l’inserimento tra i 15 finalisti del Premio Strega. Alla “qualifica” di romanziere teneva in modo particolare, pure per l’impegno richiesto per scrivere tanta letteratura (mi diceva: Mi alzo presto tutte le mattine). Una “collana” di riguardo . Per esempio: Lo stato del cielo (in Francia lo tradussero Le statut du ciel), La gloria breve, Il ritorno di Andrea, L’uomo col panama, Il palazzo del Papa, quest’ultimo, il racconto di un intrico, tra cronaca e avventura, ambientato in una antica locanda, ai piedi della Somma, lungo la Flaminia alle porte di Terni.
Furono innumerevoli gli attestati di cordoglio da parte dei rappresentanti delle Istituzioni centrali e locali. Il Presidente della Repubblica scrisse in un messaggio: “Ho avuto modo di apprezzare, durante il suo lungo e prestigioso cammino professionale, politico e istituzionale. Le sue alte qualità umane e morali, le capacità di analisi, di dialogo e di saggezza nel decidere, hanno lasciato in me il ricordo di una intelligenza libera, di un carattere generoso, di un animo leale”. E il Presidente del Senato: “E’ stato prima protagonista dello scenario manageriale italiano e successivamente appassionato in politica. Indelebile rimarrà il ricordo di un uomo di grande professionalità e rigore morale”.
Ad un anno dalla scomparsa, il Centro studi Vanoni promosse un Convegno intitolato “L’Ultimo Liberal”, coordinato dal giornalista Massimo Franco e patrocinato da Regione, Provincia e Comune di Terni. Vi presero parte Walter Veltroni (fu lui a qualificarlo l’ultimo liberal), Gianni Letta, Rosy Bindi, mons. Vincenzo Paglia; i ternani, come nel giorno dell’ultimo addio, risposero con una straordinaria partecipazione. I rappresentanti degli Enti regionali e locali, del mondo economico, del sindacato, della cultura gli riconobbero d’essere stato un punto essenziale di riferimento, sempre attento ed equilibrato nei rapporti con le forze politiche e sociali.
Il collega Mino Lo Russo gli ha dedicato una “memoria” dalla quale emerge il profilo dell’uomo in tutti i suoi aspetti ed una antologia fotografica che mostra Micheli in udienza da Papa Giovanni Paolo II, ricevuto dal Re di Spagna e dalla Regina d’Inghilterra; a colloquio con i Presidenti Napolitano e Scalfaro, con Fidel Castro, con Gianni Agnelli. In un passo del testo si legge: “La passione per la politica in Micheli si traduce in un approccio critico ai problemi del Paese. Non manca una visione ideale che fa leva sulla necessità di garantire quel processo democratico che ha caratterizzato il dopoguerra”.
E ancora: “I suoi articoli si rivelano pragmatici, sostenuti dalla convinzione che solo con alcune scelte, dettate da realismo e buon senso, si possa incidere per progettare e costruire un New Deal tutto italiano, secondo la visione kennediana nella quale si riconosce”. Riporta Lo Russo il pensiero espresso da Romasno Prodi: “Enrico è stato un uomo straordinario per intelligenza che ha lavorato per il suo Paese e per vedere realizzati gli ideali nei quali ha creduto, senza mai mettere al primo posto l’interesse personale o di parte. Ho avuto l’onore della sua amicizia e del suo consiglio. L’Italia ha perso un grande servitore dello Stato”.
In un momento così favorevole alla “Ternana”, ben conoscendo l’ardore del “supertifoso” (come lo chiamavano quegli sportivi che collocarono sopra il feretro la maglia rosso – verde); oggi, i successi della “squadra del cuore” sarebbero entrati, a parità d’interesse, nei nostri discorsi sulle vicende della politica e tra le sue analisi lucide e le visioni pionieristiche. Nel giorno infausto dei funerali, i lavoratori dell’Acciaieria, dinnanzi alla Chiesa di San Francesco, esposero un grande striscione con sopra scritto “Grazie Enrico”. E chissà che per questo concittadino illustre non si trovi un luogo importante per tramandarne la memoria.