ll capogruppo regionale del Partito Democratico, Tommaso Bori, è intervenuto sul tema del coronavirus, riproponendo “dieci interrogativi sanitari alla presidente della Giunta regionale, Donatella Tesei, al momento sono rimasti senza risposta”.
Bori ha afferma che “Nonostante i ritardi e le mancanze della Giunta regionale, l’Umbria è una delle regioni che ha risposto meglio nel contrasto ai contagi da coronavirus. Hanno fatto la differenza i cittadini
rispettosi delle regole e i 12mila operatori sanitari che lavorano senza sosta, dal primo giorno. Da parte nostra c’è sempre stata una dialettica limpida, ma purtroppo ancora nessun contatto con la presidente Tesei Le prossime due settimane saranno decisive ed è per questo che vogliamo rilanciare il nostro contributo alla gestione dell’emergenza, con spunti che siano utili a risolvere le criticità. In
primo luogo, l’obiettivo dovrebbe essere l’attivazione di ingressi e percorsi differenziati per pazienti Covid negli ospedali, che ancora non cisono. Come non ci sono protocolli regionali omogenei per le aziende
ospedaliere e per le aziende sanitarie, e non ci sono neanche strategie per evitare i contagi familiari”. Per Bori, “vanno evitati presidi misti, dividendo in modo chiaro strutture Covid da quelle Covid free”.
“Dopo le polemiche pretestuose – prosegue il capogruppo Dem – l’Umbria ha ricevuto 30 ventilatori tra intensiva, sub-intensiva e portatili dal Governo. Sarebbe utile conoscere quali sono stati quelli messi in funzione, come andrebbe reso noto come sono state rafforzate le terapie intensive, a partire dall’aumento di organico che deve gestire i nuovi posti letto con imacchinari”.
Bori sollecita sulla questione dei dispositivi di protezione individuale: “oltre a quelli forniti quotidianamente dal Governo tramite la Protezione civile – conferma – la Giunta regionale cosa ha fatto per garantire la
sicurezza di tutti gli operatori sanitari, come avvenuto nelle altre regioni?
Servono idee chiare sulle garanzie dei servizi non differibili per lapopolazione. Com’è la situazione delle liste d’attesa?
La sanità privata deve essere al servizio della salute pubblica. Oltre alle cliniche private, va richiesta anche la diagnostica e la laboratoristica del comparto privato. Come ci sono ritardi nella costituzione delle Unità di Cura domiciliare (USCA), nella stabilizzazione del personale e nelle nuove assunzioni di tutti gli operatori sanitari, per non parlare dei contratti con i medici specializzandi”.
“Una proposta chiave per la ripartenza – conclude Bori – è uno scrupoloso screening della popolazione tramite tamponi e test sierologici, per conoscere i numeri reali dei cittadini già esposti al virus, compresi
gli asintomatici. Il tempo è una risorsa chiave, va investito e non perso”.