Di Giuseppe Quintaliani e Gian Battista Mannone – Forse non tutti sanno che un terremoto porta con sé una sequela importante di insufficienze renali acute che necessita di trattamento con dialisi. Fin dalla guerra in Corea gli americani descrissero delle insufficienze renali acute dovute a traumi che portarono ad un’accelerazione importante nella ricerca clinica volta a trovare sistemi validi di sostituzione della funzione renale. In quegli anni nacque infatti la moderna dialisi con i primi trattamenti volti a risolvere il momento di acuzie che spesso, una volta superato, vede il ritorno alla norma.Il motivo principale di tale collegamento tra terremoto e IRA è la distruzione muscolare da schiacciamento che determina quella che viene chiamata la rabdomiolisi, in pratica la morte muscolare. L’elemento patofisiologico comune alle varie forme di rabdomiolisi è l’incremento del calcio ionizzato a livello intracellulare che sarebbe qui lungo e complesso da spiegare ma che viene ad alterare il rapporto tra calcio intracellulare ed extracellulare innescando a sua volta una cascata di eventi estremamente dannosi a livello cellulare che portano alla morte muscolare. Il tutto è aggravato dall’arrivo dei leucociti (Globuli Bianchi) che, attratti in massa, liberano ulteriori sostanze dannose innestando un meccanismo fatale.
La morte muscolare determina a sua volta immissione nel sangue di pigmenti come la mioglobina che precipita, dopo essere stata filtrata, lungo i condotti renali (tubuli renali) determinando il danno acuto che si accompagna ad aumento di alcuni elettroliti nel sangue come il potassio di origine intracellulare che, riversandosi nel sangue, quando supera certi limiti, può essere letale, rallentando fino ad arrestare il battito cardiaco.
Il quadro che ne deriva è un danno intrarenale con perdita della capacità ad urinare e disturbi elettrolitici gravi che provocano aritmie cardiache. Il danno tipico da schiacciamento è un danno che si verifica in diverse condizioni come guerre bombardamenti e terremoti. È per questo che esiste un team internazionale di nefrolog i (The ISN Renal Disaster Relief Task Force (RDRTF) Cliccare qui http://www.theisn.org/initiatives/renal-disaster-relief-task-force-rdrtf32 -sotto l’egida della Società Internazionale di nefrologia e di Médecins sans Frontières, che si attiva in condizioni di emergenza fornendo mezzi, apparecchiature e soprattutto nefrologi in grado di assicurare il trattamento dialitico anche in condizioni di emergenza e in situazioni molto disagiate. Il team è stato creato in risposta al terremoto in Armenia del 1988.
Intervenire precocemente in queste condizioni è vitale per sostenere il rene, ridurre la mortalità ed assicurare la ripresa funzionale renale che si verifica con elevata probabilità nell’arco di 15-30 giorni. In questo periodo però i pazienti devono essere assisiti, idratati abbondantemente e sottoposti a dialisi per evitare sovraccarico idrico ed eliminare i prodotti tossici circolanti che si sono liberati in seguito alla distruzione muscolare. Devono essere assicurate tutte le manovre di stabilizzazione cardiovascolare per ridurre la mortalità cardiaca molto elevata nelle prime ore della sindrome da schiacciamento a causa dell’imponente rilascio nel sangue di sostanze tossiche provenienti dalla distruzione muscolare. Le alterazioni degli ioni nel sangue sono molto subdole ma molto serie in questo quadro clinico: oltre l’aumento del potassio, si assiste alla riduzione importante del calcio l’aumento del fosforo, l’acidosi metabolica. Merita un cenno particolare, oltre alla coagulazione intravascolare disseminata, la sindrome compartimentale che comporta un notevole richiamo di liquido verso i muscoli danneggiati che può portare anche alla perdita di arti se non adeguatamente e precocemente trattata.
La sindrome compartimentale deve essere trattata e riconosciuta immediatamente, l’accumulo di litri e litri di liquido e sangue nei muscoli (spesso delle gambe se il danno è colà localizzato) può divenire letale per il paziente a causa dello shock e provoca spesso alterazioni nervose anche permanenti. La diagnosi definitiva di rabdomiolisi viene formulata attraverso il dosaggio della CPK e della mioglobina sierica e urinaria, ma, come detto deve essere accompagnata dal dosaggio degli elettroliti ematici e dalla emogasanalisi per valutare lo stato di acidosi del sangue. Tali esami devono essere effettuati quasi a cadenza oraria e non certo giornaliera. Se non si è particolarmente aggressivi si corre il rischio di perdere il paziente o provocare gravi danni difficilmente recuperabili.
L’intervento di nefrologi esperti in questa fase è vitale per ridurre complicazioni e morte ma è necessario che sia riconosciuta precocemente, trattata da medici competenti ed esperti sia con soluzioni idonee sotto il profilo clinico che organizzativo. Esempi importanti sono riportati in letteratura, e in tutti è ben sottolineato che l’intervento deve essere veloce, precoce, adeguato e ben condotto e deve comprendere una serie importante di correzioni di diversi parametri. Giova sottolineare che più del 50% dei pazienti risulta asintomatico anche se, nella restante parte dei casi, la rabdomiolisi si presenta con dolori muscolari, miastenia, urine scure (reddish-brown). Nel 50% dei casi il dolore è prevalentemente localizzato ai gruppi della muscolatura di cosce e spalle e la cute può presentare segni di marezzature a causa di necrosi ischemica. Al quadro clinico si possono associare febbricola, dolore addominale, nausea e vomito.
In altre parole non basta certo la dialisi, si devono correggere un panel di disturbi elettrolitici e dell’equilibrio acido base che necessitano di esperti, devono essere assicurati esami di laboratori con notevole frequenza e la possibilità’ di ricorrere a diversi presidi terapeutici affianco al frequente e spesso salvavita intervento chirurgico in caso di sindrome compartimentale. Ma soprattutto è necessario che fin dalle prime avvisaglie di un numero di feriti importante da trauma di schiacciamento vengano attivate ed allertate risorse nefrologiche adeguate alla necessità. La Società di Nefrologia infatti, anche nel recente devastante terremoto di Lazio, Abruzzo e Marche, si è attivata ponendo a disposizione del ministero risorse umane e tecniche oltre al gruppo italiano della “task force” internazionale sui terremoti. Perdere tempo in questi casi e non essere tempestivi ed aggressivi nel trattamento può voler dire condannare a morte chi ha avuto la fortuna di salvarsi dallo schiacciamento.
Abbiamo ricordato infine che la sindrome da schiacciamento non è solo limitata ai casi di terremoto che in ogni caso provoca diversi casi in quanto colpisce larghe fasce della popolazione, ed è frequente anche durante le guerre e bombardamenti ma, sorprendentemente, anche tra le mura domestiche. Sono frequenti infatti casi di persone anziane sole che cadono a terra o in bagno e, incapaci di rialzarsi, giacciono ore e ore stremate e in posizioni scomposte spesso comprimendo muscoli ed arti. In tutti questi casi non bisogna solo accertarsi dell'assenza di lesioni da trauma o ossee da fratture, ma è necessario prima di tutto pensare a questa evenienza e evidenziarla immediatamente tramite esami specifici volti ad individuare precocemente casi di schiacciamento muscolare spesso scambiati solo per indolenzimento. Essere prudenti e pensare a queste evenienze può salvare delle vite restituendole con notevole probabilità alla “restitutio ad integrum “totale, come posso personalmente testimoniare nella mia lunga carriera di nefrologo.