Di Giuseppe Caforio – Una grave patologia si aggira in molte famiglie umbre, con effetti devastanti sul piano economico e psicologico. Si tratta di una vera e propria malattia che paradossalmente finora non solo non è stata debitamente contrastata, ma addirittura viene alimentata dallo Stato per gli ingenti interessi economici ad essa collegati.
Stiamo parlando della “ludopatia”, fenomeno diffusissimo che consiste nella propensione al gioco d’azzardo, in modo compulsivo, senza capacità di autocontrollo.
Il Consiglio Regionale dell’Umbria in modo lungimirante, a dicembre scorso ha emanato una Legge, la n. 21/2014, con la funzione di determinare un controllo e possibilmente una deterrenza verso la propensione al gioco d’azzardo. Prima ancora alcuni Sindaci e in particolare, Stefano Ansideri, primo cittadino di Bastia Umbra, hanno intentato una vera e propria guerra alle slot-machine presenti in circoli e luoghi di aggregazione sociale. Purtroppo il risultato è stato quello di ricevere querele da parte di alcuni gestori e un apparato istituzionale e nazionale tutto teso a favorire lo sviluppo delle case da gioco.
Il problema è reale e grave, in quanto si moltiplicano in modo esponenziale le vicende di persone che colpite da ludopatia commettono anche gravi reati pur di procurarsi la disponibilità economica per giocare.
La cronaca ci ha raccontato di genitori che abbandonano i figli piccoli in macchina per andare a giocare e di nipoti che rubano i soldi ai propri nonni, pur di scommettere in vincite che raramente si realizzano. E ancora di persone che hanno venduto tutti i propri beni, si sono appropriati di beni delle aziende dove lavorano, ovvero sono finiti a contrarre debiti, magari con interessi usurai, pur di far fronte a questo bisogno indotto del gioco.
Il fenomeno è particolarmente insidioso perché non colpisce soltanto i disoccupati, ma spesso soprattutto persone del ceto medio, padri e madri di famiglia con un lavoro stabile, che mettono in crisi l’intero assetto familiare. Ulteriore sintomo della gravità ed ampiezza del problema è dato dal numero di attività che spuntano come funghi nelle città come nei piccoli paesi, dove è possibile effettuare giochi d’azzardo.
E’ palese che vi è un business di notevole entità, a fronte del quale, lo Stato per primo, fa gola a molti a prescindere dagli effetti drammatici che può comportare.
Gli psicologi e gli psichiatri ormai hanno qualificato la ludopatia come una vera e propria patologia da curare con un percorso medico. Ma evidentemente l’allarme sociale, le varie leggi, comprese quelle dell’Umbria, non hanno prodotto alcun concreto risultato atteso che il fenomeno progredisce e si allarga fino a diventare un vero e proprio allarme sociale. E’ evidente che l’idea di poter senza sforzo e con un “clic” diventare ricchi o comunque guadagnare è ipotesi che affascina e che segna un approccio mentale e culturale frutto dei nostri tempi. Trovare una scorciatoia per il proprio benessere da sostituire al lavoro, all’impegno e alla fatica, sembra essere il subconscio culturale che è alla base della ludopatia.
Se così è, e visto i gravi effetti che produce, allora la soluzione deve passare per atti di coraggio che non possono essere demandati solo a chi fa le leggi. Certamente sarebbe bene che lo Stato, rinunciando alle sue cospicue entrate, peraltro più teoriche che reali, assumesse un atteggiamento di forte contenimento delle autorizzazioni per lo svolgimento dell’attività di gioco d’azzardo e comunque limitando al massimo le possibilità di accesso. Infatti è noto che l’Erario pubblico doveva incassare circa un miliardo di euro di sanzioni dalle società che gestiscono i giochi, ha deciso di ridurre tale somma in modo verticale, accontentandosi di pochi spiccioli.
Questo è il segno della forza tangibile che la lobby del gioco d’azzardo ha nelle Istituzioni. Senza contare il concreto rischio di infiltrazioni delle grandi organizzazioni malavitose in questo tipo di attività, che come detto fa circolare ingenti somme di denaro e potrebbe quindi essere luogo ideale anche del riciclaggio.
Se vogliamo essere una società civile, occorre prendere coscienza che nella cultura del nostro Paese non c’è spazio per il gioco d’azzardo, fonte di vera distruzioni delle famiglie e pertanto occorre che chiunque abbia un ruolo di educatore, in ogni caso di opinion maker, si assuma l’onere di affrontare in tutte le sedi, scuole, associazioni, parrocchie ecc…, l’approfondimento del tema della ludopatia, di darne consapevolezza a tutti, ragazzi giovani e adulti, magari con il sostegno di medici esperti.
Occorre agire in prevenzione quanto prima, al fine di evitare che anche la Comunità umbra si ritrovi ad essere dilaniata da valori più consoni a realtà come Las Vegas e molto lontani dalla nostra tradizione culturale.