Ancora tensione e paura nelle carceri umbre. La situazione è sempre più tesa e gli operatori addetti a far rispettare la legge all’interno delle case circondariali manifestano tutto il loro disappunto.
Sabato sera nel carcere perugino di Capanne è stata messa in scena una protesta da alcuni detenuti stranieri.
Sulla vicenda riportiamo il comunicato del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, che torna a lanciare l’allarme sulla recrudescenza di eventi critici e violenti nelle carceri del Paese.
Commenta Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l’Umbria del SAPPE: “E’ successo che verso le 22, quattro detenuti, due di nazionalità albanese e due maghrebini, hanno inscenato una manifestazione di protesta all’interno del primo piano del Reparto Penale, sezione 2B, dapprima desistendo al rientro nelle proprie celle e successivamente hanno creato disordini e schiamazzi minacciando alcuni agenti di Polizia Penitenziaria per un altro episodio messo in atto da un detenuto facinoroso alcune sere fa. Uno di loro addirittura lanciava nel corridoio della sezione una maglietta incendiata con avvolta al suo interno una bomboletta di gas che solo l’auto spegnimento del fuoco ha fatto sì che non scoppiasse creando ulteriori disordini ed eventuali danni. Quanto accaduto a Capanne evidenzia come le tensioni e le criticità nel sistema dell’esecuzione della pena in Italia sono costanti. E’ solamente grazie ai poliziotti penitenziari, gli eroi silenziosi del quotidiano a cui va il ringraziamento del SAPPE per quello che fanno ogni giorno, se il numero delle tragedie in carcere è fortunatamente contenuto”.
“Ogni giorno nelle carceri italiani succede qualcosa, ed è quasi diventato ordinario denunciare quel che accade tra le sbarre”, denuncia Donato Capece, segretario generale SAPPE. “I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8/10 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. Il carcere non è terra di presunti innocenti e disgraziati. E’ anche terreno fertile di violenti, criminali e delinquenti che sfogano la loro frustrazione verso le leggi dello Stato contro le donne e gli uomini appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, che stanno in prima linea 24 ore al giorno e non solamente i pochi minuti di annunciate visite politiche, utili solo alla visibilità di chi le effettua. E verso di loro, se vogliamo che la certezza della pena non sia solamente un concetto astratto, vanno adottate efficaci misure di contrasto a comportamenti gravi e inammissibili, come il possesso di telefoni cellulari in carcere, e non certo la concessione di un permesso…”.