Dentro questo quadro di declino, Perugia appare un caso a parte
In Umbria, da oltre un decennio, il bilancio naturale è in rosso: più morti che nati, con un saldo che nel solo 2024 ha superato le seimila unità. L’indice di fecondità, fermo a 1,1 figli per donna, colloca la regione tra le più “sterili” d’Italia, mentre l’età media ha oltrepassato i 48 anni. A fotografare questa trasformazione è l’analisi dell’Aur curata da Giuseppe Coco: un quarto abbondante degli umbri ha più di 65 anni, e i ragazzi sotto i 15 non raggiungono l’11%.
Non sono solo numeri: descrivono un corpo sociale che si piega verso l’alto della piramide demografica, perdendo compattezza alla base.
Perugia, l’eccezione che resiste
Dentro questo quadro di declino, Perugia appare un caso a parte. Il capoluogo non arretra, resta stabilmente sopra i 160mila residenti e negli ultimi anni mostra persino un lieve segno di crescita. Un’anomalia, se confrontata con il resto dell’Umbria.
Il motivo? La città è attrattiva. Attira studenti, grazie alle università e ai festival; accoglie stranieri che trovano qui spazi e opportunità; mescola mobilità e radicamento. Una combinazione che, pur senza invertire la tendenza generale, attenua il peso del saldo naturale negativo.
La crescita non è frutto di un automatismo, ma di un equilibrio delicato: una parte del capitale umano che transita sceglie di restare, contribuendo a mantenere vivo il tessuto cittadino. La domanda è: cosa accadrebbe se una quota più ampia di giovani decidesse di fermarsi? La piramide anagrafica assumerebbe un volto diverso, con effetti di lungo periodo sul ricambio generazionale.

L’indagine sul tempo che scorre
Guardando alle fasce d’età tra il 2019 e il 2025, emerge un dato chiave: Perugia invecchia, ma lo fa con dinamiche proprie. I residenti tra i 65 e gli 84 anni passano da 33mila a oltre 34mila, mentre gli ultraottantacinquenni superano quota 8mila. Segnali di longevità crescente, che si intrecciano con il progressivo svuotamento delle classi più giovani: la fascia 0–17 perde oltre duemila residenti, mentre i 35–64 anni registrano una flessione che intacca il cuore della popolazione attiva.
Il risultato è una piramide che si appiattisce alla base e si allarga al vertice. Non un’emergenza come nei comuni minori dell’Umbria — dove rarefazione e abbandono territoriale accentuano gli squilibri — ma una condizione strutturale che ridefinisce identità sociale e rapporti intergenerazionali.
La città tra longevità e mobilità
Il dato più interessante è che a Perugia la longevità convive con la mobilità. Il tempo lungo di chi invecchia si incrocia con il tempo veloce degli studenti e dei nuovi arrivati. È in questa tensione che il capoluogo trova la propria specificità: il declino demografico è reale, ma viene parzialmente compensato da forze vitali che animano scuole, quartieri e servizi.
Non è un ricambio pieno, ma un margine di resistenza che distingue Perugia dal resto della regione. Un equilibrio fragile, da cui dipende la possibilità che la città non solo regga l’urto dell’invecchiamento, ma si trasformi in laboratorio di un futuro diverso per l’Italia centrale.








