Analisi della DIA: commercio di carburanti, riciclaggio e narcosistema tra i nuovi fronti dell’infiltrazione mafiosa
La Relazione annuale 2024 della Direzione Investigativa Antimafia, recentemente presentata al Parlamento dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, fornisce un quadro dettagliato sull’evoluzione della criminalità organizzata nel Paese. L’Umbria, una regione storicamente considerata ai margini dei grandi traffici mafiosi, si conferma invece sempre più terreno fertile per le infiltrazioni di ‘ndrangheta e camorra, che vi operano con modalità silenziose ma incisive.

Il nuovo oro nero: carburanti e accise nel mirino
Tra i settori emergenti di interesse per i clan calabresi e campani figura il commercio di prodotti petroliferi. Secondo quanto emerso dalla relazione DIA, le organizzazioni criminali puntano a trarre profitto attraverso l’evasione delle accise, il contrabbando di carburanti e l’emissione di false fatture, in un mercato che consente ingenti guadagni con rischi relativamente contenuti.
Le cosche, in particolare della ‘ndrangheta e della camorra campana, operano in Umbria sfruttando canali logistici efficaci, legami con imprenditori compiacenti e prestanome, con lo scopo di immettere sul mercato carburante adulterato o di provenienza illecita. Un danno economico e ambientale rilevante, che penalizza sia le imprese umbre oneste, sia i consumatori ignari.
Riciclaggio e investimenti opachi: il caso Casalesi
Non si tratta solo di traffici: la DIA segnala anche un interesse crescente da parte del clan dei Casalesi per il settore del riciclo illecito dei rifiuti, in particolare i materiali ferrosi. La posizione geografica dell’Umbria e la presenza di un tessuto industriale frammentato e vulnerabile rendono il territorio appetibile per attività di riciclaggio e reinvestimento di capitali illeciti.
La strategia mafiosa in Umbria è chiara: colonizzazione economica attraverso l’invisibilità. Nessuna ostentazione, ma infiltrazioni silenziose, accordi con imprese locali, partecipazioni societarie opache e il progressivo controllo di settori chiave dell’economia regionale.
Legalità sotto attacco: la risposta delle istituzioni
Nel 2022, per fronteggiare questa minaccia, è stato siglato un Protocollo d’Intesa tra la Prefettura e la Procura di Perugia, con l’obiettivo di rafforzare la prevenzione mediante il monitoraggio dei flussi finanziari, in particolare quelli legati alla ricostruzione post-sisma 2016 e ai fondi del PNRR.
Parallelamente, sono state emesse numerose interdittive antimafia nei confronti di aziende sospettate di collegamenti, anche indiretti, con ambienti criminali, impedendo loro di accedere ad appalti pubblici e risorse statali.
Droga, violenza e globalizzazione criminale
Altro fronte caldo resta quello del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. Le organizzazioni attive sul territorio umbro – che vanno da gruppi nordafricani per hashish e marijuana, a cellule nigeriane per l’eroina e alla “camorra albanese” per la cocaina – operano con una struttura transnazionale, sfruttando Perugia come hub logistico.

Nel solo 2024 si segnalano decine di operazioni:
- 1° febbraio: arrestati 9 tunisini per spaccio e detenzione.
- 8 aprile: 24 arresti, in prevalenza nigeriani, con base a Perugia e ramificazioni in tutta Italia.
- 4 dicembre: condanna di 30 soggetti per associazione mafiosa a Ponte San Giovanni.
- Operazione “Lybra” (23 maggio): sequestro preventivo da oltre 12 milioni di euro per frode fiscale e riciclaggio, coinvolti 42 soggetti e 39 società.
- 6 agosto: sgominata una rete a Terni dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Commento istituzionale: serve un salto di consapevolezza
L’Umbria non è più un’isola felice. Il volto della criminalità organizzata si è evoluto: oggi non cerca più visibilità, ma influenza e controllo economico. Le mafie si muovono con prudenza, si annidano dove il sistema è permeabile, e sfruttano l’apparente marginalità del territorio per stabilire reti logistiche, finanziarie e operative in grado di alimentare i loro affari milionari.
Le risposte delle istituzioni, finora incisive sul piano repressivo, necessitano ora di un rafforzamento sul piano culturale, economico e amministrativo. Serve un patto tra cittadini, imprese, politica e forze dell’ordine per presidiare i settori a rischio, garantire trasparenza negli appalti, e promuovere una cultura diffusa della legalità.
L’Umbria ha ancora tutti gli strumenti per resistere. Ma la battaglia è aperta.