Nel 2016 si era introdotto senza autorizzazione nel sistema informatico: aveva pubblicato su Facebook le informazioni raccolte sul suo superiore. In primo grado era stato assolto
Un agente della sezione di polizia giudiziaria in servizio alla Procura di Terni è stato condannato in Appello a sei mesi. I fatti a lui imputati risalgono al 2016, quando si era introdotto senza autorizzazione nel Sistema informativo della cognizione penale, che gestisce informazioni coperte da segreto istruttorio, e aveva pubblicato su Facebook questo post: «Circa tre anni fa a una richiesta lei mi rispose che non ero tenuto a sapere nulla, ho mandato giù bocconi amari… ma oggi il meglio per lei deve ancora venire», riportando in questo modo notizie riservate riguardanti un altro appartenente alla polizia, un superiore dell’imputato.
Non fa nomi ma quello postato sui social è una sorta di avvertimento alla sua ex dirigente Katia Grenga, che guidava la polizia stradale dove lui lavorava prima di essere trasferito alla pg di palazzo Gazzoli.
Una vicenda andata avanti a suon di denunce e finita in tribunale.
Dalle indagini è emerso che il pubblico ufficiale, per motivi di risentimento nei confronti della parte civile, senza alcuna autorizzazione, approfittando della sua posizione e utilizzando le proprie credenziali, avrebbe fatto accesso al Sistema informativo della cognizione penale, che gestisce informazioni coperte da segreto istruttorio, per ottenere dati contenuti nel sistema e riguardanti un particolare procedimento penale. Dai controlli sono risultati una quindicina di accessi in quattro diverse giornate nell’arco di una dozzina di giorni.
Un’indagine a suo carico che ora ha portato il poliziotto della sezione di polizia giudiziaria, in servizio al tempo alla Procura della Repubblica di Terni, ad essere condannato a sei mesi, pena sospesa, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento danni.
La sentenza di secondo grado ribalta quella del Tribunale di Terni che, nel 2021, lo aveva assolto.