Finanziato con oltre 189mila dollari uno studio dell’équipe della professoressa Cellini: l’obiettivo è una terapia genetica a base di mRNA
Una rara malattia genetica, un composto tossico che avvelena lentamente i reni, e un gruppo di ricercatori italiani decisi a cambiarne il destino. È la storia dello studio dell’Università degli Studi di Perugia premiato dalla Oxalosis & Hyperoxaluria Foundation (OHF) con un finanziamento da oltre 189mila dollari, che punta a rivoluzionare la cura dell’iperossaluria primaria, una patologia poco nota ma devastante.
A guidare il progetto è la professoressa Barbara Cellini, a capo della sezione di Biochimica del Dipartimento di Medicina e Chirurgia, che da anni lavora con il suo gruppo su enzimi coinvolti in malattie rare. Questa volta, però, la sfida è particolarmente ambiziosa: progettare un farmaco basato sull’mRNA che possa “riparare” il metabolismo difettoso alla base dell’iperossaluria.
Un bersaglio preciso: il metabolismo del gliossilato
La malattia nasce da una mutazione genetica che impedisce al corpo di smaltire correttamente il gliossilato, una molecola tossica che si trasforma in ossalato, formando cristalli di calcio nei reni. Il danno è progressivo e silenzioso, ma può portare all’insufficienza renale già in età pediatrica.
Il progetto UniPg punta a intervenire alla radice del problema, istruendo le cellule del fegato a produrre enzimi corretti capaci di neutralizzare il gliossilato prima che si trasformi in ossalato. Il tutto attraverso una tecnologia a mRNA, la stessa resa celebre dai vaccini anti-Covid, ma qui applicata a un contesto completamente diverso e potenzialmente rivoluzionario.
Una via italiana all’innovazione biomedica
Il finanziamento concesso dalla OHF — una delle principali organizzazioni mondiali attive nella ricerca su ossalosi e iperossaluria — è il segnale di una fiducia internazionale nella qualità della ricerca italiana. La selezione è avvenuta tramite una valutazione scientifica indipendente, e posiziona il progetto UniPg tra quelli più promettenti nel panorama delle terapie per malattie rare.
Se i risultati attesi verranno confermati, la terapia potrebbe rallentare significativamente il decorso della malattia e migliorare la vita dei pazienti, riducendo la necessità di interventi drastici come la dialisi o il trapianto di rene.