Che i nostri poliziotti siano costretti ad operare in condizioni di difficoltà estrema, correndo altissimi rischi per la propria vita, è sotto gli occhi di tutti. I fatti di Trieste sono emblematici di una realtà difficile e per certi versi inconcepibile per un Paese che si dice emancipato e civile.
A Terni la tragedia che ha visto morire due agenti trentenni ha riportato alla mente gli attimi di terrore di quel venerdì mattina del 19 luglio scorso, quando in pieno centro, intorno mezzogiorno, nei pressi di via Curio Dentato, furono esplosi alcuni colpi di pistola che ferirono ad un piede un carabiniere.
Anche in quel caso il responsabile era uno straniero che si era impossessato dell’arma di uno dei militari dopo essere stato fermato per un normale controllo, mentre si trovava in sella alla sua bicicletta.
Lo straniero esplose quattro colpi e solo per caso soltanto uno di questi ha raggiunto il carabiniere, ferendolo in modo per fortuna non grave.
Anna Maria Mancini, segretaria provinciale del Siap, in una dichiarazione riportata dal Messaggero, si dice convinta che si debba investire di più sulla sicurezza degli operatori.
«E’ doverosa una riflessione sulle condizioni in cui dobbiamo lavorare» aggiunge la Mancini. Luca Paolucci, segretario provinciale del Sap, sottolinea come «la situazione locale purtroppo è quella di tutto il paese Italia, dove i controlli ci sono ma c’è anche un iter difficoltoso. Un giubbotto antitaglio costa 80 euro, i taser ancora non arrivano e continuiamo a contare vittime innocenti. I poliziotti danno il meglio – aggiunge Paolucci – a Terni coprono una zona molto vasta e non fanno solo repressione. In un momento così drammatico vorrei che il poliziotto fosse visto come una persona amica».
E sempre sulle colonne del Messaggero si legge: «A Terni la strage non è successa per pura bontà divina – dice Roberto Peppicelli, segretario del Siulp -. Ha sparato cinque colpi in un secondo e mezzo, tutti in mezzo al traffico, di fronte a tante persone. Questi sono eventi che vanno al di fuori della normalità, se fossimo stati dotati di taser forse le cose sarebbero andate diversamente. Spesso i colleghi non sono affiancati da colleghi esperti, che sanno stare in strada e conoscono tecniche che impari con gli anni e non certo al corso di addestramento. E poi manca una fornitura appropriata, i magazzini non danno materiale adeguato agli operatori, costretti ad acquistare abiti e accessori a proprie spese».