di Bruno Di Pilla – Proprio oggi, il 20 maggio di 51 anni fa, entrava in vigore una storica legge a tutela dei lavoratori di ogni comparto produttivo, che sarebbe bene non dimenticare, malgrado le profonde metamorfosi verificatesi con l’avvento di una sempre più sofisticata tecnologia. Con quel provvedimento legislativo, frutto di quasi due secoli di epiche lotte sociali, vennero finalmente protetti e riconosciuti, tra l’altro in omaggio al disposto costituzionale dell’art. 41, i diritti fondamentali delle fasce più deboli del popolo italiano: libertà d’espressione e dignità dei dipendenti in azienda, assoluto divieto dei famigerati sindacati di comodo al servizio degli imprenditori, tutela della libertà sindacale, obbligatorietà di regolari verifiche mediche sullo stato di salute del lavoratore, rigoroso divieto d’indagine sulle sue opinioni e la sua vita privata, obbligo di sottoporlo ad eventuali controlli fisici solo alla presenza dei rappresentanti sindacali aziendali.
Di grande impatto emotivo fu, inoltre, l’art. 18 della legge 300, che sancì il sacrosanto principio della tutela del posto di lavoro, nella fattispecie giudizialmente accertata dell’ingiusto licenziamento, con relativo obbligo, da parte del datore di lavoro, d’immediata reintegrazione e risarcimento danni. Il legislatore del tempo intervenne decisamente (art. 28) anche sul fronte della repressione di ogni comportamento antisindacale, imponendo rapide fasi istruttorie sull’entità del reato compiuto dall’imprenditore. Sin dai primi anni dell’Ottocento illustri economisti, quali Ricardo e Malthus, poi seguiti da Mill, Marx e Keynes, avevano segnalato le misere condizioni in cui versavano milioni di esseri umani pressoché schiavizzati, delle cui legittime ansie di riscatto si occupò anche Papa Leone XIII nella celebre enciclica del 1891 “Rerum novarum”, in cui denunciò con forza l’individualismo egocentrico dei datori di lavoro, con l’alienante pauperismo delle classi proletarie, a difesa delle quali, ad esempio, si levò la voce dell’economista e storico Giuseppe Toniolo, fervente animatore dell’associazionismo cattolico. Doveroso appare dunque, anche oggi, il ricordo dello Statuto dei Lavoratori, tappa fondamentale sulla via che ha condotto all’avvento di politiche statali ispirate a valori di maggiore giustizia sociale.