«Al fine di ampliare quanto più possibile l’ambito di applicazione dei provvedimenti emanati dal Governo, gli intermediari bancari e finanziari vorranno valutare l’opportunità, ove non vi abbiano già provveduto, di estendere su base volontaria tali iniziative anche a favore di categorie di soggetti che potrebbero versare in situazioni di difficoltà e/o in relazione a tipologie di rapporti contrattuali al momento non comprese nei predetti provvedimenti».
Tale comunicazione è stata inviata da Bankitalia agli istituti di credito in un linguaggio un po’ oscuro, ma che le banche hanno compreso benissimo. Nella «raccomandazione» sull’applicazione dei decreti del governo, la Banca guidata da Ignazio Visco chiede agli istituti italiani di fare qualcosa di più rispetto a quanto deciso dall’esecutivo.
Nello specifico, si chiede di includere quelle categorie che sono state tagliate fuori dalle misure, per aiutare le famiglie a superare la crisi da coronavirus e gli effetti del blocco.
Il riferimento, anche se non appare nel documento, è preciso ed è al credito al consumo. Prestiti per acquisti fatti da famiglie, magari con la cessione del quinto di stipendi o pensioni. Prestiti per la spesa, insomma, che erano stati esclusi dalla moratoria dei pagamenti, che è invece prevista per i mutui e per i prestiti alle aziende medie e piccole. Possibile che il governo decida di estendere la moratoria anche alle famiglie con il decreto di aprile, ma in attesa Bankitalia preme per il fai-da-te, del tutto volontario, di banche e finanziarie. Alcune hanno già deciso autonomamente di muoversi in questo senso.
Sempre sul fronte famiglie, Bankitalia chiede agli istituti di credito di riaccreditare eventuali rate di mutui per i quali sia stata chiesta la moratoria e la «sterilizzazione di qualsivoglia effetto sfavorevole a carico del cliente e conseguente all’addebito stesso (ad esempio l’applicazione di tassi di interesse ovvero di commissioni di istruttoria veloce in caso di sconfinamento)». Anche in questo caso attenzione verso i clienti, che potrebbero essere danneggiati dalle – spesso inevitabili – complicazioni nell’attuazione delle misure previste dai decreti.
“Organizzazioni criminali sfrutteranno la crisi”
Da registrare anche il fatto che nel frattempo gli apparati dello Stato sono entrati in allarme. La ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha inviato una direttiva ai prefetti invitandoli a organizzarsi per i controlli. Serve «una strategia complessiva di presidio della legalità. Alle difficoltà delle imprese e del mondo del lavoro, potrebbero accompagnarsi gravi tensioni».
Il ministero dell’Interno teme la capacità dei mafiosi di infiltrarsi nell’economia in crisi. «Il rischio che nelle pieghe dei nuovi bisogni si annidino perniciose opportunità per le organizzazioni criminali». E c’è anche un altro pericolo: «Il manifestarsi di focolai di espressione estremistica».
Occorre insomma facilitare l’operazione di immettere liquidità nel sistema, nelle tasche dei cittadini e nelle casse delle aziende. Ma senza sottovalutare il pericolo che i soldi pubblici finiscano alla criminalità o comunque siano dispersi da imprenditori senza scrupoli.
A tal fine, sono chiamate in prima linea una volta di più le prefetture. La Lamorgese le invita «alle attività di ascolto, di dialogo e di confronto con gli attori istituzionali, i rappresentanti territoriali delle categorie produttive, delle parti sociali e del sistema finanziario e creditizio al fine di intercettare ogni segnale di possibile disgregazione del tessuto sociale ed economico».
Ci sono già una serie di filiere economiche sotto esame, ossia quelle che hanno continuato a lavorare. Il Dipartimento della Pubblica sicurezza ha avviato una cabina di regia interforze per monitorare il rischio di infiltrazione mafiosa nell’agro-alimentare, il farmaceutico-sanitario, la logistica, i servizi funebri, le imprese di pulizia e sanificazione, lo smaltimento di rifiuti.
Ma è solo un assaggio di quel che potrebbe essere. Ha scritto all’Interpol nei giorni scorsi il Capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli: «Questa situazione inedita e gravissima costituisce uno scenario di indubbio interesse per la criminalità organizzata che ha sempre dimostrato una pronta capacità di adeguamento ai mutamenti del contesto socio-economico, nazionale e internazionale, al fine di cogliere nuove opportunità di guadagno illecito».
Un altro fronte da non sottovalutare è il prevedibile piano di lavori pubblici che verrà. Le prefetture sono invitate ad alzare le antenne sui «possibili indicatori di rischio di condizionamento dei processi decisionali pubblici funzionali all’assegnazione degli appalti».
Ci sono già all’opera in ogni provincia degli specifici Gruppi interforze ai quali compete la ricognizione dei lavori che interessano il territorio e che aggiornano in continuità la mappa degli appalti locali per «intercettare con immediatezza gli eventuali elementi di sospetto». A livello centrale, poi, c’è un Comitato di coordinamento per la sorveglianza delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari.