Sono quasi 50 le persone (tra le quali i due segretari Fabrizio Angelelli e Luciana Carlini) iscritte ai circoli di Perugia Centro e Perugia Nord che hanno deciso di non partecipare alla campagna elettorale per le elezioni amministrative del loro partito, per scelte politiche di carattere generale,per il non rispetto delle decisioni assunte a grandissima maggioranza
daicircoli stessi e del codice etico del partito nella formazione delle liste Non erano quindi “quattro gatti”, come ha affermato il segretario provinciale Giuliano Granocchia ad opporsi alle imposizioni della nuova dirigenza.Tanto è vero che, con l'uscita di scena di queste compagne e di questi compagni, Sel non ha potuto trovare 32 nomi da mettere in lista nel capoluogo. Ma c'è di più,dei 28 candidati, 16 non sono residenti a Perugia e non potranno nemmeno votarsi. C'è un ex sindacalista di Spoleto, un ternano, due appartenenti al circolo di Foligno, persone del lago, ma di gente di Perugia poco più che la puzza (12 persone). E ancora; c'è anche il candidato a sindaco di Sinistra Ecologia che a Magione si è battuto contro Chiodini. Non concorrerà nella sua città, ma a Perugia.
In compenso a Magione si è candidata la moglie…. con Forza Italia. E questo per aver voluto a tutti i costi rimettere in pista, perl'ennesima volta, il “decennale” assessore Monia Ferranti “direttamenteiscritta alla segretaria regionale del partito” un giorno prima del Congresso.Ci domandiamo : come si può criticare le pratiche individualiste e clientelari degli altri partiti, se queste pratiche vengono assunte a piene mani anche da Sel? Infine la frana di iscritti e militanti non si è limitata a Perugia ma ha colpito tutta la regione. Sel è riuscita infatti a presentare una sua lista in pochissimi comuni con effetti simili, in molti casi, a quello di Perugia. Liste più corte del numero dei candidati ammessi e immissione di persone di altri comuni. Un esempio per tutti? La stessa Ferranti, che oltre a Perugia è candidata anche a Gubbio. Una situazione drammatica alla quale, per mere questioni di potere, la nuova dirigenza non ha potuto o, peggio, non ha voluto
dare una risposta unitaria.