Rsu, Flai Cgil, Fai Cisl e Uil dell’Umbria sono preoccupati per quanto si sta verificando nella azienda Colussi di Petrignano in merito al netto calo de turni di lavoro che viene definita congiuntamente dalle sigle «una navigazione a vista che scarica tutti i sacrifici sui lavoratori».
Tutte le sigle sindacali unite chiedono che entro il mese di settembre vengano forniti chiarimenti perché -affermano – “É trascorso un anno di solidarietà e i sacrifici salariali dei lavoratori e delle lavoratrici non sono stati riversati su investimenti, volumi e produzioni. Entro settembre – continuano- riteniamo indispensabile confrontarci con il management del gruppo per entrare nel merito delle loro scelte. Marketing, strategia commerciale e piano industriale sono argomenti che finalmente devono essere riempiti con cifre e azioni. Siamo consapevoli che il mercato in cui opera il gruppo è complesso e ad alto tasso di competitività, ma, proprio per questo, riteniamo che vada migliorata l’efficienza produttiva e l’organizzazione del lavoro, evitando di incidere esclusivamente sui lavoratori e sulle lavoratrici”.
E invocano il rilancio aziendale ” l'azienda deve impegnarsi in un’opera di consolidamento e rilancio del sito di Petrignano, e – affermano- deve mettere in sicurezza i livelli occupazionali. A tal proposito, ci convince poco che malgrado lo spostamento del magazzino dal Lazio in Umbria non sia scaturita un’opportunità di salvaguardia per i laboratori della Colussi. Una situazione ex novo che poteva dare margini di discussione diversi, soprattutto se consideriamo che tantissimi lavoratori della Colussi sono in solidarietà e nel frattempo si aumenta la presenza delle ditte terze».
Le Rsu si appellano anche alle istituzioni e ritengono ” indispensabile il coinvolgimento perché la Colussi è una ricchezza del territorio, che va difesa e valorizzata con tutti i mezzi possibili. E – continuano nell'appello alle istituzioni- se ci sarà bisogno, solleciteremo anche un intervento del governo. Non possiamo permetterci di ridimensionare i siti industriali dell’Umbria. Per anni hanno rappresentato punti di riferimento per il territorio con il loro indotto e con la valorizzazione del marchio Umbria, la debolezza industriale significherebbe arretramento economico e scivolamento della regione verso economie a rischio”