Italo Marinelli, un pediatra molisano da anni trapiantato a Perugia, è tra i più entusiasti sostenitori di un progetto che lega il suono ai primi momenti di vita del bambino. Assiduo frequentatore dei concerti dell’Università per stranieri, aspirante pianista e cultore della musica classica, il dottor Marinelli lavora all’ospedale di Branca ed è consigliere nazionale dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP).
Il dottor Marinelli ci ricorda che l’ACP è stata costituita a Milano nel lontano 1974: raccoglie 1400 pediatri suddivisi in 35 gruppi locali, ed è finalizzata allo sviluppo della cultura pediatrica in relazione alla promozione della salute del bambino.
«La composizione dell’ACP, dichiara Marinelli, ricalca quella dei pediatri italiani, con una prevalenza di pediatri di famiglia e una componente di ospedalieri, universitari e esponenti di comunità. I gruppi locali svolgono, sia autonomamente che in collaborazione con l’ACP nazionale attività di ricerca, di formazione, definendo protocolli diagnostico-terapeutici. Valutano inoltre la qualità delle cure e fanno da supporto a programmi di cooperazione internazionale. Qui a Perugia esiste un gruppo locale storicamente molto attivo, uno dei primi ad operare in Italia. Ne è presidente Carla Berardi, pediatra di famiglia esperta nell’abuso infantile».
Nel 1999 l’ACP, in collaborazione col Centro per a salute del bambino e con l’associazione Italiana Biblioteche ha organizzato un progetto, “Nati per leggere”, che vuole suggerire la lettura ad alta voce ai bambini fin dalle prime età della loro vita. Dal 2005 l’ACP ha promosso anche “Nati per la musica”, un progetto destinato ai nascituri da zero e sei anni: nel 2007 è arrivato anche il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
“Nati per la musica” postula che l’esperienza musicale in famiglia sia strumento di relazione per uno sviluppo migliore del bambino. La sensibilizzazione si attua grazie agli operatori che si occupano di prima infanzia, come ostetriche, pediatri, educatori, musicisti e bibliotecari.
«Il processo di avvicinamento alla musica – continua il dottor Marinelli – segue il naturale sviluppo del bambino. E’ importante considerare che le tappe del processo non possono essere rigide, ma debbono tener presente che ogni bambino ha caratteristiche personali diverse. Per questo seguiamo e adottiamo accorgimenti diversi. Partiamo dal “pancione”. Durante la gravidanza il nascituro è già attivo e competente: la sua unica possibilità di mettersi in contatto col mondo è legata alle sue capacità percettive. Il ritmo e la melodia, ovvero il battito cardiaco e la voce della madre diventano le basi che il bambino utilizzerà subito dopo la nascita per interagire col mondo. Il bambino che “verrà” ricorda il tono di voce della madre, il contorno melodico, il saliscendi della melodia, l’intensità, i respiri, le pause: questi elementi lo aiutano a distinguere la voce materna da quella di qualunque altra donna. Durante i primi mesi questa esperienza sonora acquisita coinvolge non solo le aree cerebrali dedicate all’apprendimento musicale, ma anche quelle legate al linguaggio e alla gestione delle emozioni. Suono, canto, baby-talk caratterizzano momenti significativi della giornata del neonato, dal cambio dei pannolini, alla fine della poppata, all’ingresso nel sonno».
E’ stato dimostrato che tra i sei e i dodici mesi il bambino riesca a produrre piccoli vocalizzi che stimolano il dialogo col genitore coinvolto in “lallazioni”. In tal modo si entra nel turn-taking, turno di comunicazione alternata, ovvero nella reciprocità di tutti gli aspetti della competenza pre-verbale. Il piccolo necessita anche di esplorare la realtà acustica in maniera attiva, cosa che si può realizzare porgendogli oggetti sonori che saranno i suoi primi strumenti musicali: pentole, cucchiai, scatole, una vera orchestra.
A ventiquattro mesi il neonato è in grado di ripetere piccole filastrocche, improvvisando anche piccoli movimenti di danza. A trentasei il bambino può scegliere in autonomia brani da ascoltare, esplorando la sua voce in maniera sempre più consapevole. Sono azioni che favoriscono lo sviluppo della creatività.
Infine, a 3 anni il piccolo è in grado di inventare musiche per giocare, per raccontare le sue storie. A sei anni si può produrre l’ingresso nella vera e propria propedeutica musicale.
«Non esiste un genere preferenziale di musica infantile- sostiene il dottor Marinelli- Dal pop al country, al classico tutto può essere atto. Con la responsabile regionale Ilaria Porro a Gubbio abbiamo attivato un progetto locale realizzato col musicista Giordano Ghigi, e la collaborazione della Biblioteca Sperelliana e la Scuola Comunale di musica. Sono stati realizzati progetto come “La danza nel cuore dei bambini” col ruolo attivo di Nadia Caruso, pediatra NpM-Ospedale di Branca e Nadia Mosca, coordinatrice ostetrica del Servizio Consultoriale. A Montefalco è stata organizzata “Pappa di musica” laboratorio di educazione al suono realizzato presso la Biblioteca Comunale. A Branca ho personalmente seguito le visite musicali della flautista Jana Teresa Hildebrandt, veri concerti della “Prima poppata”».
Tra i progetti del dottor Marinelli ora c’è ora quello di portare la musica negli ospedali degli adulti, nella convinzione che i luoghi della sofferenza necessitano di qualcosa che possa alleviare le pene dei degenti. Dare sollievo ai pazienti – conclude Marinelli – costretti a lunghe attese e a terapie debilitanti può essere occasione di una crescita personale da realizzare col conforto della musica.
Stefano Ragni