Può la vicenda Banca Etruria dare un insegnamento a medici e infermieri? Si può trarre un messaggio da questo dramma economico e sociale? La risposta è si e vale per ogni cittadino.
Il caso della Banca Etruria, con i suoi risvolti e le migliaia di risparmiatori truffati, ha fatto emergere in tutta la sua gravità un problema culturale italiano, ancora oggi sottovalutato: la mancanza della “cultura dell’informazione”. Quanti risparmiatori non erano e non sono stati informati quando hanno sottoscritto le azioni e le obbligazioni a rischio? Troppi, di certo la maggior parte. La “cultura dell’informazione” forma essa stessa il cittadino e rappresenta il più efficace “vaccino” per difendere la verità dalle continue bufale che vengono propinate quotidianamente grazie anche a un uso “disinformato” dei social network. La corretta e approfondita informazione diventa fondamentale e imprescindibile quando ci si sposta nell’ambito medico: per un dottore o un infermiere la costante informazione e l’aggiornamento è tutto, perché nella sanità le questioni da affrontare cambiano di continuo e ogni giorno ci si trova ad affrontare patologie e malattie nuove. Ma in Italia medici e infermieri vengono adeguatamente formati e aggiornati? Purtroppo non sempre è così. Le esigenze imposte dalla spending review e la necessità di tenere i conti in ordine, infatti, hanno portato molte Aziende Ospedaliere, tra le quali quella di Perugia, a disdire gli abbonamenti a libri e riviste necessari per l’aggiornamento scientifico e professionale del personale sanitario.
Ma risparmiare sull’aggiornamento scientifico vuol dire non informare il medico, mettendolo con le spalle al muro di fronte a terapie sempre più articolate, farmaci con innumerevoli effetti negativi e diagnosi sempre più complesse. Questo spiega, in molti casi, i fatti di cronaca legati a quella che viene definita “malasanità” dove a pagare è sempre solo il medico o l’infermiere. Un dottore o un infermiere non aggiornato equivale a un soldato che in un campo di battaglia viene mandato a mani nude. C’è da considerare inoltre che la mancata informazione al paziente/cliente/utente è quasi sempre causa di contenziosi, processi, denunce e di quella che viene definita “sanità difensiva”, che tanto costa in termini economici. Un paziente poco informato tenderà a denunciare piuttosto che a capire. Quanti medici alla fine di una visita si preoccupano di sapere se il paziente ha capito ciò che gli è stato detto? Eppure molti report indicano che ben il 50% dei pazienti esce da un ambulatorio senza aver capito! Nelle ispezioni fatte dopo le morti per parto che ultimamente hanno listato a lutto uno dei momenti più belli della vita delle donne, è emerso che le pecche peggiori erano proprio nel campo della comunicazione tra sanitari e pazienti e tra sanitari stessi. Argomento sul quale torneremo presto. Per ora ci fermiamo al famoso consenso informato che il paziente dovrebbe firmare, che spesso è talmente infarcito di termini medici e tecnici da rendere impossibile a chiunque la comprensione.
Nel caso di Banca Etruria i sottoscrittori non avevano capito che comprare quei titoli era rischioso; allo stesso modo i pazienti capiscono il rischio di una procedura a loro prescritta? Qualcuno si preoccupa che veramente abbiano capito? O forse, prediligendo come al solito gli aspetti burocratici, ci si preoccupa solo che il paziente firmi (come hanno firmato i clienti di Banca Etruria)? Perché non coinvolgere gli infermieri, che sono gli operatori sanitari più vicini ai pazienti, per spiegare e illustrare? Gli infermieri, attualmente, sono visti dal SSN come una colonna portante e in effetti lo sono, basta vedere le loro responsabilità nell’assistenza che spesso hanno scatenato minacce e denunce. Allora perché non coinvolgerli? Perché non preparare dei filmati che illustrino alcune delle manovre più difficili da spiegare? Molti pazienti sono anziani, non riescono neanche a leggere né a fare la loro firma, ma vedere un filmato potrebbe aiutarli a capire meglio.Insomma quello che è successo a Banca Etruria è un segnale di allarme per tutti, è necessario non solo far firmare ma far capire e comprendere ciò che si sottopone a soprattutto rispondere adeguatamente alla domanda: è rischioso? È più di un fatto di legge, è un fatto morale ed etico a cui certamente nessuno può esimersi, meno che meno i sanitari.
Solo la corretta informazione può evitare il sorgere di problemi gravi che spesso danno origine a delle tragedie! La “cultura dell’informazione” che oggi manca rappresenta il vero handicap e forse il grande problema dell’Italia, a tutti i livelli e in ogni settore, perché senza informazione non c’è coscienza e senza coscienza non c’è speranza di cambiamento.