di Bruno Di Pilla – L’acquisto della cittadinanza italiana “iure loci”, oltre che “iure sanguinis” e per naturalizzazione, è una saggia proposta del neo-segretario PD Enrico Letta. Tra l’altro il cosiddetto “ius soli”, già oggi riconosciuto dalla vigente legge del 1992 per i bimbi nati da genitori ignoti o apolidi, nonché nei casi in cui al figlio sia negata la cittadinanza dei genitori dalle normative dello Stato d’appartenenza, è un sacrosanto diritto già da tempo sancìto in Australia, USA, Canada, Regno Unito, Germania e Francia. Fu addirittura l’imperatore Caracalla, con un celebre editto del 212 d.C., più noto con l’appellativo di “Constitutio antoniniana”, a concedere la cittadinanza a chiunque fosse nato nel vastissimo territorio imperiale, ovviamente al fine di ottenere ovunque consensi al suo operato soprattutto in campo militare. Funzionò la “captatio benevolentiae” del figlio di Settimio Severo, al punto che le sue poderose falangi sconfissero Barbari e Parti, rafforzando i confini sul Reno e sul Danubio. In buona sostanza, considerata anche l’attuale denatalità che si registra in Italia, ora ulteriormente aggravata dall’inarrestabile pandemia, perché i benpensanti si scandalizzano per il progetto di Letta imperniato non solo sulla concessione dello “ius soli” ai figli d’immigrati regolari, ma anche sul voto ai sedicenni ed alla partecipazione dei lavoratori alla gestione ed ai proventi delle medio-piccole imprese? In relazione a quest’ultimo punto, di natura finanziaria, è opportuno ricordare che lo stesso art. 46 della nostra Costituzione prevede l’istituto della cogestione, ai fini dell’elevazione economica e sociale del lavoro. Cogestione che ovviamente implica l’accesso dei dipendenti non solo all’interno degli organi direttivi dell’azienda, ma anche alla condivisione dei profitti. Parte bene, Enrico Letta. Lo stesso “ius soli”, se venisse concesso, andrebbe sempre integrato con lo “ius culturae”. Il beneficiario avrebbe comunque l’obbligo giuridico, pena la revoca della cittadinanza, di frequentare le nostre scuole, apprendere la lingua e risiedere in Italia.