La Banca Popolare di Spoleto non andava commissariata lo dice la sentenza depositata dai Giudici amministrativi della 4 sezione.
Il succo della sentenza, nella sostanza, dice che la proposta di commissariamento della Bps, non doveva essere eseguita poi dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che, nel caso, avrebbe dovuto solo avviare una istruttoria interna, di sola verifica.
Da qui l'inizio di una travagliata e triste storia di una Banca ultracentenaria e orgogliosamente Umbra e della dura e pesante lotta dei consiglieri della Bps e della Scs per salvare la titolarità della banca e con essa i diritti di oltre 20.000 soci.
All'epoca il TAR del Lazio respinse tutti i ricorsi avanzati da un foltissimo gruppo di amministratori che alla fine (delusi per non dire terrorizzati) si sono in parte allontanati, sconfortati da una realtà divenuta più forte di loro; perché avevano contro le Istituzioni ed in parte l'opinione pubblica, ad eccezione delle nostre testate giornalistiche che hanno sempre fornito una informazione basata più sui fatti che sulle “dicerie”. Come, ad esempio, sulla regolarità della richiesta di aumento di capitale avanzata in tempi non sospetti dal cda della BPS, a cui ora, la verifica di legge, inizia a dare ragione ed ad avvertire errori non grossolani, ma di dimensioni e di danni che non possono avere una proporzione.
Soltanto pochissimi tra gli oltre 30 ex consiglieri, e tra questi Michelangelo Zuccari e Claudio Umbrico, hanno continuato a credere nel ricorso presentato dai loro avvocati davanti ai giudici del Consiglio di Stato, trovando oggi una soddisfazione che può dare il via ad una serie di reali verifiche, di incongruenze e di errori per quanto concerne il diniego dell'aumento di capitale che era stato richiesto dalla BPS. Un aumento di capitale richiesto con regolare documento e comunicato correttamente alla Banca d'Italia in tempi non sospetti e che, forse, qualche dirigente non aveva visto: da qui inizia “l'avventura” e, in risposta oggi, la ragione offerta da una concreta sostanza della sentenza depositata e visibile a tutti nel sito della Cassazione.
Questo un piccolissimo e significativo stralcio:
“L’atto di impulso della Banca d’Italia costituisce una proposta obbligatoria, senza la quale, non potrebbe iniziarsi il procedimento che conduce all’eventuale scioglimento degli organi di amministrazione e controllo dell’istituto di credito. Tuttavia, ciò non impone al Ministro dell’Economia e delle Finanze di accettarne in modo acritico e dogmatico il contenuto, in quanto l’ordinamento gli attribuisce la facoltà di discostarsi dalla proposta qualora non ritenga sussistenti i presupposti per disporre l’amministrazione straordinaria. Pertanto, a prescindere dalla decisione – conforme o meno alla proposta dell’autorità di vigilanza – cui giungerà il Ministro dell’Economia e delle Finanze, è doverosa un’esplicita valutazione degli elementi posti a fondamento delle risultanze della Banca d’Italia”.
Ed ancora un altro Passaggio precisa “il Collegio ritiene erronea la decisione impugnata nella parte in cui non ha rilevato l’eccesso di potere per difetto di istruttoria con riferimento al decreto n. 16 dell’8 febbraio 2013: il Ministro dell’Economia e delle Finanze, nel condividere gli esiti e le soluzioni contenuti nella proposta avanzata dall’autorità di vigilanza, avrebbe dovuto eseguire un’attività istruttoria, anche al fine di dare contezza della permanenza dei requisiti oggettivi e soggettivi necessari ad attivare la procedura di amministrazione straordinaria, nonostante l’intervenuto mutamento della situazione patrimoniale della Banca Popolare di Spoleto S.p.A.”.
La stessa cosa è valsa anche per quanto concerne la richiesta dell'aumento di Capitale concordato e richiesto dall’ex Cda ma bocciato da Bankitalia a seguito dell’ispezione conclusasi alla fine del 2012, poche settimane prima del commissariamento – avvenuta esattamente il 12 febbraio 2013 – i consiglieri avrebbero certamente continuato a sostenere la tesi per cui il cda ha sempre lottato, ovvero la solidità della banca e l'autonomia per restare Umbra ed Indipendente entrando in rotta di collisione ( da qui tutte le conseguenze sono note) con gli ispettori nel frattempo intervenuti nel loro incarico portato a termine con la vendita della BPS alla Banca di Desio.
I giudici del Consiglio di Stato scrivono “Per quanto concerne i dati relativi al periodo successivo all’attività ispettiva della Banca d’Italia, già essi avrebbero dovuto formare l’oggetto di un’autonoma istruttoria da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Come già rilevato, l’autorità preposta alla decisione definitiva (Ministro dell’Economia e delle Finanze), avrebbe dovuto compiere un attento esame degli stessi, anche eventualmente al fine di richiedere ulteriori accertamenti su alcuni singoli elementi, onde valutarne l’andamento nel tempo”.
Ora ci chiediamo tutti cosa accadrà e come ed in che modo reagiranno i Soci della BPS e della SCS.