Di Adriano Marinensi – Di maggio, 25 anni fa, moriva Sandro Boccini, Consigliere regionale e animatore del Centri studi Vanoni e Mattei. Più avanti (2010) ho perso un altro Amico: Alfredo De Poi, Deputato al Parlamento, uomo di grande talento. Sessant’anni Sandro, sessantacinque Alfredo. Ancora troppo presto entrambi ed entrambi protagonisti della politica e della cultura in Umbria. Non sarà il mio un necrologio. Voglio ricordarli in modo un po’ bizzarro, discorrendo di loro e di un viaggio che facemmo insieme – nel 1971, a Bruxelles – per una serie di incontri nella sede della Comunità Europea. Lo scopo primario era di conoscere – appena iniziata l’esperienza regionalista – i meccanismi per costruire collegamenti tra la CEE e l’Umbria, nella ricerca di utili sinergie per lo sviluppo locale.
Si parlò di agricoltura, d’industria, di informazione, di progetti (non elettorali, specificarono i nostri interlocutori). Con Boccini assetato di apprendere le direttrici da indicare al Consiglio regionale, lui l’uomo del fare che, sin dalla prima legislatura, s’era mostrato sostenitore convinto della “opposizione costruttiva”. Anche la minoranza, alla quale apparteneva, doveva fare la propria parte di proposta programmatica per risolvere i problemi e meritare il consenso dei cittadini. Ci fu anche – durante quella fugace tre giorni (viaggio in treno compreso) – una “scorribanda” di tipo turistico – culturale, la sola parte che può suscitare, oggi per allora, qualche interesse in chi legge.
Si avvia così il racconto, seguendo il sonoro del documentario (in superotto, a colori) che testimonia quella “trasferta di lavoro”. La partenza dalla stazione di Roma, nel pomeriggio del 15 marzo. Quattro amici in treno: Sandro Boccini ed io, insieme a Tommaso Sediari e Gianfranco Maglioni. Alfredo De Poi, allora giovane Segretario generale del Gruppo D.C. al Parlamento europeo, ci aspettava a Bruxelles. Trasloco, a Milano, per la notte, su un vagone con cuccette. Sveglia appena l’alba del giorno dopo ed è già Lussemburgo. Uno sguardo ancora assonnato dal finestrino su un panorama ed un paesaggio che fuggono via verso le foreste delle Ardenne, luogo di storiche battaglie, durante le due guerre mondiali, con una ecatombe di oltre 100.000 morti. Siamo alle idi di marzo – è quasi primavera – e su Arlon nevica.
Per catturare il sole, spesso latitante, le finestre delle case sono senza serrande e ornate di fiori. E’ un costruire tipico di queste contrade: si accompagna ai corsi d’acqua che sembrano bagnare di più l’umido dell’aria. Ed ecco Namur, città importante per le sue aziende siderurgiche. Poco più avanti c’è Waterloo, dove, nel 1815, la settima ed ultima coalizione sconfisse Napoleone. Siamo a Bruxelles. L’orologio della stazione segna le 12 del 16 marzo. E c’è De Poi in attesa. Il tempo di una fugace sosta in albergo e subito via, su un pulmino giallo, con Alfredo alla guida, verso le terre del nord ed alla ricerca di un pranzo trovato quando anche un pezzo di pane sembra caviale. Siamo a Gand il capoluogo della Fiandra, rinomata per i pizzi e i merletti, splendido esempio di arte fiamminga con la superba Cattedrale di Saint Bavon del X secolo. All’interno si trova l’ “Agnello mistico”, pregevole polittico di Jan Van Eyck, costituito da 12 pannelli, dipinto verso il 1430. Sullo sfondo l’eminente Castello di Gand e attorno tanti segni mirabili della storia e della trascorsa potenza di queste contrade. Che videro nascere artisti come Brugel il Vecchio, Rubens, Van Dyck ed altri ancora. Sono i testimoni più noti di una pittura che ebbe influenza in Italia e in Europa. Di nuovo a bordo del pulmino giallo, sempre con De Poi al volante e Boccini a fare da cicerone. Si va verso Bruges, la perla della Fiandra occidentale, dove si respira l’aria del vicino Mare del nord. Il primo sguardo è per il nobile Palazzo comunale che mostra le forme originali dell’edilizia brabantina. C’è da osservare il “beghinaggio”, antica comunità semimonastica di suore laiche dedite all’aiuto dei poveri, ora patrimonio dell’UNESCO. Nel cortile del Convento si affacciano una ventina di case bianche, costruite tra il XVI e il XVIII secolo. Il tramonto, da queste parti, riserva orizzonti dai colori rosa intenso che esaltano, di riflesso, l’ urbanistica di gran pregio.
La “ricreazione” veloce è finita. Si torna a Bruxelles. All’indomani, oltre ai colloqui nella sede della Comunità, Alfredo ha programmato la visita alla città. Perché, Bruxelles offre modelli monumentali di grande valore. Ci sono testimonianze di armonica simbiosi tra antico e moderno. Però è il passato a prevalere. Il moderno più moderno è rappresentato dalla sede delle Istituzioni europee che sono condivise con Strasburgo e Lussemburgo. Un salto al centro dove il “gioiello” è la Grand Place, l’elegante salotto di Bruxelles. Esibisce eccellenti palazzi con facciate manieristiche e barocche, straordinari prototipi di arredo urbano. Su tutti spicca il Palazzo comunale (Hotel de Ville), stile gotico quattrocentesco, con la sua torre alta 96 metri e, in cima, la statua di S. Michele. Di fronte, l’antica Maison du Roi, in stile tardo gotico fiorito. Attorno, le splendide Case delle Corporazioni (sono più di 20), che rappresentano i trascorsi di importanti mestieri.
La comunità locale ha grande cura di questo patrimonio edilizio, insieme alle opere d’arte ed ai fastosi arredi che vi sono custoditi. Sotto una galleria, ordinati in vetrina, i soldatini di piombo belli, rinomati e costosi. Quindi una curiosità: il Manneken Pis, il fanciullo di bronzo con il “cosino” in mano che fa da fontanella. Ha due statuine simili (però meno note), collocate anch’esse nel centro storico: Jeanneke Pis (la bambina) e Zinneke Pis (il cane). Una occhiata alla Place du Sablon, risaputa per la presenza di negozi di antiquariato. E all’Atomium, costruito in occasione dell’Expo 1958. E’ alto 102 metri e ricorda i 9 atomi di un cristallo di ferro.
Nel frattempo, siamo arrivati nella zona del Palais Royale e dei giardini del Re, diventati parco pubblico. Di straordinario effetto visivo è la dimora del Sovrano dei belgi; dinnanzi marcia ritmicamente una eccentrica sentinella, mossa come da un rigoroso copione cinematografico. La presenza coronata sembra raccordare le differenti origini del popolo che fa mostra delle sue provenienze, scrivendo in due lingue le indicazioni toponomastiche, come accordo di parità etnica tra fiamminghi e valloni. Il dovere ormai fa da richiamo e ci ricorda la ragione per la quale siamo venuti in Belgio: i colloqui nella sede della Comunità. Ed allora di nuovo seduti al tavolo a raccogliere suggerimenti e materiale da trasferire in Umbria e farne strumento concreto di promozione regionale. Fu così che quattro (poi cinque) “amici in treno” giunsero, non senza fatica, a Bruxelles e tornarono arricchiti da una esperienza di notevole interesse. Grazie soprattutto ai due promotori dell’iniziativa: Alfredo De Poi e Sandro Boccini.