di AMAR – Ci sono due città nella vita di un campione ciclista che ha dato lustro ai colori nazionali. Il campione è Adolfo Leoni, le città Gualdo Tadino (dove è nato) e Rieti (dove è vissuto). Esiste un triplice motivo per ricordarlo: il centenario della nascita (13 gennaio 1917), l’arrivo a Gualdo di una tappa del Giro d’Italia 2018 e la mostra allestita, sempre a Gualdo, in ricordo delle sue imprese sportive. Che lo resero famoso, malgrado la straordinaria competizione con assi del calibro di Coppi, Bartali e Magni.
Il palmares di Leoni è di quelli importanti. Professionista dal 1938 al 1952, ha partecipato a 9 Giri d’Italia, vincendo 17 tappe e arrivando 4° in classifica nel 1949. Vanta pure una partecipazione al Tour de France, nel 1950. Tra le corse in linea conquistate, oltre alla Milano – San Remo (1942), vanno ricordate il Giro del Veneto, la Coppa Bernocchi, il Giro dell’Emilia, la Tre Valli Varesine, il Giro del Piemonte, il Giro del Lazio e molte altre in Italia e all’estero. Primeggiava soprattutto nei Circuiti, dove faceva valere le sue doti di velocista (ne vinse una trentina). E’ stato Campione italiano professionisti nel 1941 e Campione mondiale dilettanti nel 1937 a Copenaghen.
Nella sua biografia si legge una curiosità, forse un po’ romanzata. Adolfo aveva 14 anni quando prese parte ad una gara in bicicletta, riservata ai figli dei ferrovieri (il padre Giovanni lo era). Di anni occorreva averne almeno 15 e lui ne dichiarò uno in più per partecipare. E vincere. Nella stessa biografia si racconta di un Giro della Campania che lo vide prevalere su due “leader” del momento, Olmo e Guerra.
Giorni fa, nell’inaugurare la mostra dedicata a Leoni, il collega Beppe Conti ha ricordato che, alla partenza della epica frazione del Giro 1949, Cuneo – Pinerolo, ad indossare la maglia rosa era proprio Adolfo Leoni. Tentò di difenderla con grande tenacia, ma contro Fausto Coppi non ce ne fu per nessuno. C’erano cinque colli alpini da scalare: Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere, tutti sopra i 2000 metri, lungo strade impervie e una distanza di 250 km: il “Campionissimo” ne percorse 192 in fuga da solo. E prevalse su Bartali con quasi 12 minuti di vantaggio. Io sprinter Leoni, poco amante delle salite, dovette arrendersi e perse il simbolo del primato che aveva brillantemente difeso sui passi dolomitici.
Essere sconfitto da quel Coppi li, non fu certo uno scorno. Perché, quell’anno, l’ “airone” compì l’impresa mai riuscita prima nella storia del ciclismo: l’accoppiata Giro – Tour (la seconda nel 1952). In Francia, verso la metà del percorso, si ritrovò con un ritardo dalla maglia gialla, il francese Jacques Marinelli, di 35 minuti. A Parigi, Marinelli giunse terzo, con un distacco di 25 minuti dal vincitore Fausto Coppi. Non ce ne fu per nessuno alla Cuneo – Pinerolo e neppure nelle due grandi corse a tappe.
Il 18 ottobre 1970, Adolfo Leoni si fece accompagnare dal fratello nello studio medico del famoso cardiochirurgo Gaetano Azzolina, a Massa, in Toscana. L’ex campione aveva 53 anni e qualche disturbo al cuore, ma di nessuna gravità. Si trovava nella sala d’aspetto, quando venne colpito da un infarto che non gli lasciò scampo. Mori quasi all’istante, malgrado il tempestivo soccorso sanitario.