Di Adriano Marinensi – Il tempo iniziale dell’apocalisse moderna è questo: ore 4,45 del 1 settembre 1939, aggressione tedesca alla Polonia. La documenta una foto emblematica dove si vede un gruppo di soldati che sposta una sbarra di confine: non stavano rimuovendo un segno di divisione territoriale, stavano oltrepassando il confine della storia. Prima però molti altri eventi aveva fatto registrare il decennio 1930 – 1940. A cominciare (1933) dalla ascesa al potere del tiranno dei tiranni: Adolf Hitler. In Italia, Il suo futuro sodale, Benito Mussolini, aveva già consolidato la dittatura per (de)merito del Re Vittorio Emanuele III che gli aveva affidato la guida del Paese (1922). Nacquero, uno di seguito all’altro, i regimi totalitari ispirati al comunismo, al fascismo, al nazismo e al franchismo.
In Italia c’era un monarca, in Germania il Presidente della Repubblica (di Weimar) Paul von Hindenburg. In Germania, la grande depressione stava mettendo in subbuglio l’intero tessuto sociale: l’economia al collasso, la disoccupazione al 40%, la violenza incombente. Come è d’uso, l’uomo del destino fu scelto per risolvere i problemi, usando la chimera dell’ordine e della disciplina. Di quale pasta fosse fatto quell’uomo, stava scritto nel suo libro Mein Kampf, La mia battaglia (1925). Tra le numerose tesi deliranti, vi era formulata la teoria del pericolo ebraico, della eugenetica della razza, del predominio naturale del più forte. Conteneva le radici del nazismo e i germi della criminalità che avrebbe sconvolto il mondo. Inorridisco – è soltanto un esempio – al pensiero che ci siano stati genitori orgogliosi dei loro figli adolescenti, scelti per far parte della “gioventù hitleriana”, usata in difesa delle macerie di Berlino e del bunker sotto la Cancelleria.
La situazione in Spagna non appariva affatto tranquilla. Le componenti conservatrici non avevano digerito la vittoria elettorale del Fronte popolare di ispirazione sinistra. Entrò in scena il solito generale (poi lo chiamarono generalissimo), Francisco Franco, il quale si mise a capo di una insurrezione militare e dette inizio alla Guerra civile spagnola. Per quasi tre anni (luglio 1936 – aprile 1939) gli scontri armati insanguinarono il Paese, in un clima di odio e di contrapposizione ideologica. Che crebbe notevolmente quando, a sostegno delle parti in lotta, intervennero URSS, Francia e Inghilterra a favore dei repubblicani e Italia e Germania a sostegno dei franchisti. E si fecero le prove del successivo conflitto mondiale. L’episodio simbolo fu il bombardamento italo – tedesco della cittadina di Guernica (26 aprile 1937), un vero attacco terroristico alla popolazione civile. Pablo Picasso dipinse una delle sue opere più conosciute. Alla fine, prevalsero le falangi armate di Francisco Franco, il quale, dal 1939 al 1975 anno della morte, impose la dittatura.
Nel 1935, i principali Stati europei, soprattutto la “perfida Albione”, avevano un grosso Impero. Noi italiani poca roba: la Libia – il Dux aveva detto ch’era “uno scatolone di sabbia” (invece c’era il petrolio) – l’Eritrea e la Somalia. Però, la parte più estesa del Corno d’Africa si chiamava Etiopia del Negus Ailé Selassié. Ci serviva lo “spazio vitale” e per prendercelo armammo un poderoso Corpo di spedizione, formato da mezzo milione di uomini, più gli ascari eritrei e i dubat somali. E un potente arsenale, mezzi di trasporto (muli compresi), navi ed aerei. L’impronta della guerra doveva essere di stampo fascista e quindi in tanti furono i volontari della M.V.S.N. Non si poteva sbagliare. C’era ancora in memoria la battaglia di Adua del 1896, quando fummo sconfitti dall’esercito abissino del Negus Menelik. Quindi la “Grand Armee” entrò in campo, al canto di “faccetta nera”, nell’ottobre 1935, e al comando dei generali Badoglio e Graziani, però agli ordini diretti di Mussolini. Ce ne infischiammo (allora si diceva così) delle sanzioni economiche, imposte dalla S. d. N. e dalle forze demoplutocratiche (sic!). Il 5 maggio 1936, Pietro Badoglio, sopra un cavallo bianco, entrò in Addis Abeba: la campagna d’Africa era conclusa. Il Dux, dal solito balcone di Palazzo Venezia affacciato sulla storia, dette l’annuncio alla sua maniera: “Non è senza emozione e senza fierezza che, dopo sette mesi di aspre ostilità, pronuncio queste grandi parole: l’Etiopia è italiana!” Dunque, sui colli fatali di Roma, era comparso il nuovo Impero. Il tutto, c’era costato oltre 4000 morti, 6000 feriti e un buon numero di rimpatriati per malattia. Non finì li, perché gli arbegnouc (patrioti etiopi) misero in atto azioni di guerriglia, represse talvolta con interventi di ritorsione sugli inermi.
Durante quel decennio, accaddero altri episodi di rilievo che ebbero stretta connessione con gli eventi bellici e la storia politica d’Europa. Alcuni di interesse prevalente, come l’annessione dell’Austria al 3° Reich, il Patto di non aggressione russo – tedesco, le leggi razziali in Germania e in Italia. Il primo passo per la creazione della “grande Germania”, Hitler lo compì con un atto d’imperio, contrario al diritto nazionale ed anche agli accordi internazionali precedenti. Uno era quello di difesa reciproca dalle aggressioni esterne esistente tra Italia, Francia e Austria. Ma si sa che, per Mussolini, i trattati erano “pezzi di carta”. Quando si trattò di non ostacolare le mire espansionistiche dell’ alleato nazista, dichiarò che “non aveva più intenzione di fare la sentinella dell’indipendenza austriaca”. Così, l’esercito tedesco, l’11 marzo 1938, invase l’Austria e il Fuhrer fece l’Anschluss, l’annessione. Poi, organizzò un orchestrato plebiscito per costruire una parvenza di legittimità. Secondo i dati ufficiali, il SI vinse, sia in Germania, sia in Austria, con oltre il 99%.
Per avere mano libera ad oriente, Hitler si assicurò la firma del Patto Molotov – Ribbentrop che conteneva l’impegno di non aggressione tra Germania e URSS. Oltre ad un protocollo segreto per la spartizione della Polonia. Il documento venne sottoscritto dai due Ministri degli esteri, il 23 agosto 1939, otto giorni prima dell’invasione del territorio polacco ad occidente da parte dei nazisti e ad oriente dei sovietici. Meno di due anni dopo, ebbe inizio l’“Operazione Barbarossa”, cioè l’attacco tedesca alla Russia di Stalin, in spregio del Patto.
Ancora un evento di rilievo durante il periodo in esame: la emanazione dei provvedimenti contro gli ebrei. Il razzismo tradotto su basi ideologiche e politiche. In Germania, presero il nome di “Leggi di Norimberga”, perché annunciate durante l’annuale congresso tenuto in quella città nel 1935. In Italia – a spregevole imitazione – nel 1938, furono approvati una serie di provvedimenti conosciuti come “leggi razziali fasciste”. Precedute dal famigerato “manifesto della razza”, redatto e firmato da 10 scienziati italiani. Quelle aberrazioni furono l’atto conseguente alla semina scientifica dell’odio antisemita realizzato nei campi di sterminio. Tra i più nefandi, Treblinka, Auschwitz, Dachau, Buchenwald, Mauthausen. In tanti odiarono per convincimento, in tanti per costrizione; sino al degrado d’ogni etica, sino alla delazione ed alla spia della porta accanto. Di peggio ci furono soltanto le soverchierie criminali e gli eccidi della 2a guerra mondiale.