di Bruno Di Pilla – Responsabilmente, anche la CEI (Conferenza Episcopale Italiana, presieduta dal Cardinale e Vescovo di Perugia Gualtiero Bassetti) ha dichiarato guerra al coronavirus: a partire da questa mattina e fino al prossimo 3 aprile non verranno più celebrate Messe nelle chiese di tutta Italia. La drastica decisione, in linea con le direttive del Governo, tende ad evitare ogni forma di pericoloso assembramento che possa in qualche modo facilitare l’ulteriore propagazione del morbo. I templi resteranno aperti ai fedeli, ma solo per visite di raccoglimento e preghiera. Considerati gli ultimi resoconti “bellici” sulla diffusione dell’epidemia, il provvedimento non ha colto impreparati i seguaci della religione cattolica.
D’altronde, nelle cosiddette zone rosse, già da diversi giorni i Vescovi avevano disposto la temporanea sospensione dei riti liturgici e, in molti casi, la chiusura dei luoghi di culto. Ora, constatata l’estrema rapidità del contagio ed il crescente numero di malati, la Chiesa italiana non ha esitato ad adottare misure restrittive mai in precedenza registratesi. Del resto, anche lo Stato del Vaticano si è opportunamente “blindato” contro l’insidia rappresentata dal nuovo agente patogeno, che sta sconvolgendo la vita quotidiana, abitudini e comportamenti dei cittadini di oltre 100 Paesi del mondo. Peraltro i credenti, come ha affermato lo stesso Papa Francesco, potranno seguire le celebrazioni eucaristiche direttamente da casa, sintonizzandosi su TV 2000, canale 28 del digitale terrestre.
Ogni mattina, alle 8,30, la rete televisiva cattolica trasmette la Messa, che ha la stessa validità del rito cui si prende parte di persona. In questo periodo di assoluta emergenza, durante il quale ciascuno di noi, per il bene della Patria, è chiamato a rispettare ordini e decreti delle Autorità competenti, è inammissibile ogni forma di ribellione. Gli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale sono, tra l’altro, solennemente sancìti dall’art. 2 della Costituzione, così come la Repubblica (art. 32) tutela la salute non solo come fondamentale diritto dell’individuo, ma anche nel supremo interesse della collettività, garantendo cure gratuite agli indigenti. Nessuno dimentichi, inoltre, che lo stesso art. 32 attribuisce al legislatore la possibilità d’imporre, in casi straordinari, trattamenti sanitari obbligatori, sia pure nel rispetto della dignità e della riservatezza della persona. Prima i doveri, poi i diritti, specie in presenza di eventi eccezionali e catastrofi naturali.
A chiunque volesse fare di testa propria, violando senza scrupoli le prescrizioni imperative degli organi statali in tal caso preposti al contenimento del supervirus, vanno rammentate le severe sanzioni previste dagli artt. 650, 452 e 438 del Codice Penale. Il 650 punisce con l’arresto fino a tre mesi l’inosservanza dei provvedimenti emessi dall’Autorità per finalità di giustizia, sicurezza, ordine pubblico o igiene. Il 452 infligge la reclusione da 6 mesi a 3 anni a chi si macchia di delitti colposi contro la salute pubblica. Il 438 dispone addirittura l’ergastolo per coloro che dovessero, intenzionalmente, causare un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni, specie nell’ipotesi in cui dal comportamento doloso derivasse la morte di più persone. Riflettano, i disertori.