di Francesco Castellini – Un uomo ha fatto la pipì davanti a tutti in piazza IV Novembre a Perugia, scambiando il basamento della statua di Papa Giulio III per un vespasiano.
Si è liberato così dell’incombente bisogno, senza pudore alcuno, sulla scalinata del Duomo, ad un passo dal presepe appena installato e dalla Fontana Maggiore che, anche lei senza ritegno, grondava acqua in quantità.
A scattare la foto una mamma che era in centro con i suoi piccoli, che ha commentato così l’incresciosa vicenda: «C’erano tante famiglie con i bambini e la cosa che più mi ha colpito è stata la disinvoltura con cui quella persona ha posto in essere quella squallida azione».
Neanche a dirlo sui social si è scatenata una bufera di commenti, a cui si è accodato anche qualche pseudo-analista che non ha perso l’occasione per dare sfogo a tutta la sua viva indignazione, condita da scontate e retoriche critiche rivolte manco a dirlo all’Amministrazione comunale che “nulla fa per difendere monumenti e pubbliche piazze”.
Nessuno che abbia preso in considerazione il fatto che certi comportamenti non sono il frutto di cattiveria o manifestazioni di oltraggio a chicchesia, ma solo la conseguenza di una pratica normale e scontata condivisa fin dalla nascita nei propri paesi d’origine. Così naturale che tale gesto non viene affatto considerato sconveniente, anzi, e tantomeno valutato come un qualcosa di cui qualcuno possa davvero aversene a male.
Lo sanno bene i turisti che hanno visitato le grandi città africane o indiane, dove dappertutto regna un puzzo incredibile di fogna. Quelle tuniche di cui maschi e femmine sono dotate sono peraltro molto comode per la bisogna, tanto da non doversi nemmeno scomodare a denudarsi o svestirsi.
Per altri versi stiamo parlando di un problema serio.
Tanto per fare qualche esempio, l’Organizzazione Mondiale della Sanita (Who) stima in 47 milioni i nigeriani che liberano disinvoltamente le proprie viscere in pubblico, nel momento in cui tale necessità si manifesta. Vale a dire che un quarto dell’intera popolazione del Paese sparge le proprie feci e urine ovunque: nei cortili degli edifici residenziali, nelle stazioni di servizio, nei parcheggi auto, nei terminali degli aeroporti, lungo i percorsi pedonali, ai margini delle strade di grande comunicazione, nei parchi pubblici, nei corsi d’acqua, all’interno dei luoghi di culto, negli stadi, nelle vie cittadine e in ogni altro luogo in cui si trovino.
Un malcostume così diffuso da far meritare alla Nigeria, in quanto a distribuzione di cacca sul suolo pubblico, il primato africano che prima spettava al Ghana.
Ma la concorrenza si sa è incontinente. Tant’è che l’India con i suoi 892 milioni di persone che praticano l’Odf (Open Defecation Free) supera in valori assoluti ogni rivale, dimostrando uno spirito di corpo invidiabile.
Sempre nel Paese di Gandhi, per esempio, non è difficile incontrare persone che possiedono un cellulare, ma che ancora non hanno familiarità con la toilette. E questo all’Onu lo sanno bene: migliaia delle latrine costruite in giro e piazzate qua e là nelle aree urbane sono state progressivamente abbandonate o utilizzate in realtà come dispense.
Non si tratta dunque di una semplice questione di buon costume o di privacy violate, ma di qualcosa di più drammatico a cui occorrerebbe porre rimedio in fretta.
La relazione presentata alle Nazioni Unite ha evidenziato da tempo che i Paesi dove la popolazione è ancora abituata ad abbandonare i propri fluidi corporei all’aperto, sono anche quelli dove è più alta la mortalità infantile. L’impegno preso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite è quello di cercare di debellare totalmente questa pratica almeno entro il 2025. Ma nel frattempo, visto anche come vanno le cose sul fronte della tanto osannata buona “accoglienza”, e della incensata fraterna ospitalità, nel nostro paese, saremo tutti costretti a fare i conti sempre più con tale diffusa scostumatezza anche a casa nostra, con l’ammonimento pergiunta di non storcere troppo il naso.