L’Ufficio Studi di Confcommercio ha presentato un’analisi della spesa pubblica rapportata alla qualità e alla quantità dei servizi erogati a livello locale ai cittadini, osservando anche i costi regionali.
Secondo Confcommercio “le regioni a statuto speciale spendono di più rispetto alle regioni a statuto ordinario. Le regioni più piccole spendono di più di quelle grandi.
Tre sono i macro-effetti che determinano l’eccesso di spesa pubblica locale: lo statuto speciale, le economie di scala e il Mezzogiorno”.
In sostanza si può affermare che la gestione della spesa sul territorio da parte degli enti pubblici presenta livelli molto eterogenei di efficienza.
“Tra le prime 7 regioni per spesa pubblica pro capite sono presenti tutte e cinque le regioni a statuto speciale”, evidenzia Confcommercio, mentre “tra le cinque regioni che spendono meno per abitante quattro sono regioni grandi”.
Da quanto si evince dallo studio la spesa pubblica in Umbria pesa per oltre 5.200 euro per ogni cittadino e per oltre la metà è garantita dalle amministrazioni locali che in beni e servizi “restituiscono” quasi 3mila euro a testa, due terzi tramite la Sanità.
In base a questi dati il Cuore verde si viene a collocare in posizione intermedia, a ridosso delle più efficienti regioni del Nord.
In media in Umbria si spendono all’anno (dati 2016) 2.908 euro per beni e servizi forniti dalle Amministrazioni locali (2.885 euro in Italia).
Di tale importo, il 62,1% è assorbito dal sistema sanitario regionale che “costa” 1.807 euro pro capite, dato in linea con la media nazionale.
A seguire, il capitolo Servizi pubblici generali, che comprende tra l’altro il funzionamento degli organi e il personale, per il quale la spesa pro capite è di 354 euro (12,2%); gli Affari economici, che include anche trasporti e politiche del lavoro, dal quale “ritornano” 295 euro l’anno a testa.
Il resto è riferito ai capitoli Istruzione (137 euro, 4,7%), Abitazioni e territorio (124 euro, 4,3%), Protezione sociale (60 euro, 2,1%), Ordine pubblicosicurezza e • Protezione ambientale (entrambi 46 euro, 1,6%). Chiudono le Attività ricreative, culturali e di culto i cui beni e servizi erogati valgono 39 euro l’anno (1,3%).
Il rapporto calcola anche un indice sintetico di quanto offerto ai cittadini dagli enti pubblici locali (Regione, Comuni, Comunità montane…) per valutare l’efficienza della spesa.
Infine per Confcommercio “un credibile progetto di rafforzamento delle autonomie regionali dovrebbe partire dalla definizione precisa e dall’adozione convinta e diffusa dei fabbisogni (e dei costi) standard, poi affrontare il tema degli statuti speciali e, infine e solo a questo punto, occuparsi della questione delle risorse e della gestione dei fondi di perequazione. Cambiando l’ordine di questi fattori il prodotto cambia molto. Anzi, a nostro avviso, rischia di diventare nullo, nella misura in cui un approccio disordinato toglie consenso alla riforma e ne accresce esponenzialmente il rischio di fallimento (l’ennesimo)”.