Un quadro clinico sulla difficile situazione in cui versa la sanità pubblica, causata soprattutto dalla carenza di medici, viene delineato chiaramente in un servizio apparso sul Corriere dell’Umbria, firmato da Catia Turrioni, in cui il dottor Giacomo Picuti, dirigente medico nel reparto di ortopedia del “San Giovanni Battista” di Foligno mette il dito nella piaga di una professione che ormai si regge, dice, solo sulla passione. Lui la definisce “una categoria a rischio estinzione”. “Siamo pochi, mal pagati, carichi di responsabilità e spesso costretti a mille rinunce. Io per esempio, dopo trenta anni di servizio ho uno stipendio base di 1.920 euro al mese e ho accumulato qualcosa come 150 giorni di ferie. Ci rendiamo conto di che significa?”.
E spiega perché i medici stanno diventando sempre più rari tanto che la sanità pubblica italiana nel giro di cinque anni rischia il collasso. “Il problema – evidenzia Picuti – è nelle borse di specializzazione che devono essere finanziate dallo Stato. Ogni anno abbiamo sedicimila medici che tentano di accedervi ma quelle disponibili sono appena seimila. Significa che diecimila giovani restano fuori e senza la specializzazione possono fare poco o niente. Così si viene a creare un imbuto formativo dai risvolti allucinanti perché non solo mancano gli specialisti ma quelli che ci sono spesso non sono motivati. Mi spiego meglio. Le borse di studio da assegnare sono seimila, i primi tremila scelgono ma gli altri devono accontentarsi di ciò che resta e pur di avere un titolo si accontentano. In reparto abbiamo avuto specializzandi in ortopedia che in realtà sognavano di fare i cardiologi. Il risultato? Non solo i giovani medici sono pochi, ma quelli che ci sono vorrebbero fare altro. E spesso scelgono il privato perché paga meglio e dà meno problemi”.
Ecco allora che i concorsi vanno deserti. In tutta Italia ma anche in Umbria.
L’azienda ospedaliera di Terni è alla disperata ricerca di otto anestesisti ma anche l’ultimo concorso è stato un flop. “A Foligno siamo stati fortunati – racconta Picuti – al bando per ortopedici si sono presentati otto candidati, i tre idonei sono stati tutti assunti. Al reparto, adesso, siamo messi abbastanza bene. A Gubbio, però, le cose non sono andate allo stesso modo. Il concorso per assunzioni a tempo indeterminato è andato a vuoto e quando uno dei tre colleghi deve fare le ferie, uno di noi deve partire per sostituirlo”. Tra le specializzazioni meno richieste c’è quella chirurgica. “Nessuno vuole entrare in sala operatoria perché le responsabilità sono enormi – spiega Picuti -. Tanto che il chirurgo appena assunto come prima cosa deve farsi una polizza assicurativa che viene a costare sulle 12 mila euro l’anno. Chiaro che preferisca guardare altrove”.
Le università potrebbero avere un ruolo chiave in questo senso permettendo agli studenti di farsi le ossa anche nei piccoli ospedali della regione. “Un sistema – dice Picuti – che il nostro assessore Luca Barberini ha imposto per l’Umbria e che dovrebbe essere preso come esempio in tutta Italia. Invece si preferisce ricorrere ai medici in pensione o, peggio, a professionisti dall’estero”.