La procura di Perugia è fortemente impegnata nella ricostruzione dei rapporti tra le varie persone indicate da Piero Amara (nella foto), ex avvocato esterno dell’Eni, già condannato per corruzione in atti giudiziari, al centro di una complicata rete composta da depistaggi, ricatti e tangenti, e da qualche giorno protagonista del caso dei verbali aprocrifi in cui parla di una presunta loggia massonica chiamata “Ungheria”, su cui sono al lavoro quattro procure e che ha scatenato una bufera sul Csm.
I documenti sono stati trasmessi ai magistrati del capoluogo umbro da quelli di Milano.
A coordinare gli accertamenti, oltre al procuratore capo, ci sarebbero anche i sostituti Gemma Miliani e Mario Formisano. Gli stessi che hanno già condotto l’inchiesta a carico dell’ex consigliere del Csm Luca Palamara e che hanno firmato l’avviso di conclusione indagini per concorso in millantato credito nei confronti di Amara e di altri due indagati.
La Procura contesta all’avvocato la consegna, insieme all’altro legale Giuseppe Calafiore, di 30mila euro all’ex funzionario dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (Aisi) Loreto Francesco Sarcina, come presunto prezzo della mediazione illecita dell’ex agente dei Servizi verso pubblici ufficiali.
L’avviso di conclusione indagini è stato notificato dalla Procura di Perugia ritenendo che dall’indagine emergano elementi che, allo stato, escludono di dare corso alla richiesta di archiviazione.
La Procura di Perugia chiude le indagini e al contempo contesta all’avvocato Piero Amara i reati di concorso in millantato credito e traffico di influenze illecite. A notificare l’avviso il Procuratore capo Raffaele Cantone e i Sostituti Gemma Miliani e Mario Formisano.
Proprio dalle parole di Amara è scoppiato l’ultimo terremoto nella magistratura e nel Consiglio Superiore della Magistratura intorno al caso della loggia cosiddetta “Ungheria”. Un caso che è comunque slegato dal fascicolo dal quale è scaturito l’avviso di conclusione indagini.
Nei nove verbali dell’avvocato Amara, infatti, compaiono nomi e cognomi. Sarebbero 74 i nomi – alcuni dei quali – sono stati pubblicati su diversi quotidiani. Tutti hanno smentito categoricamente la presunta appartenza.
All’interno di questo elenco compaiono – si legge sulla Verità – politici, imprenditori, magistrati.
Nei verbali vengono chiamate in causa anche alcune toghe in servizio a Roma. Circostanza che ha portato al coinvolgimento dell’Ufficio guidato da Raffaele Cantone competente a occuparsi delle indagini che riguardano i magistrati della capitale.
A Perugia l’indagine è in corso nel massimo riserbo.
Il reato ipotizzato nel fascicolo sembrerebbe quello di associazione segreta ma l’indagine sembra puntare anzitutto a trovare riscontri o smentite ai presunti rapporti tra i personaggi indicati da Amara.
La vicenda comunque ormai ha scosso la magistratura, che adesso dopo i prolungati silenzi vuole andare a fondo e fare chiarezza.
Finora al Csm non s’era mosso nulla perché, hanno ribadito ancora ieri «fonti» interne all’istituzione, il Consiglio opera solo sulla base di atti formali e secondo procedure codificate.
Tutto era rimasto confinato nei corridoi del palazzo fino all’autunno del 2020 (dopo che Davigo ha lasciato il Csm con la pensione), quando gli stessi verbali portati da Storari sono stati recapitati in forma anonima prima a un quotidiano e poi a un altro. Secondo la Procura di Roma a spedirli è stata l’ex segretaria di Davigo al Csm, Marcella Contrafatto. Lei per ora si è rifiutata (com’è suo diritto) di spiegare come li abbia avuti, e dunque sarà chiamato a farlo lo stesso Davigo.
E nei verbali ‘segreti’ dell’avvocato Piero Amara comparirebbero anche nominativi di personaggi con forti legami con l’Umbria.
Sta ora ai pm perugini dover verificare l’esistenza di una loggia modello P2, così come raccontata dal supertestimone.
L’associazione segreta nelle parole di Amara sarebbe stata in grado di condizionare le nomina nei posti apicali della magistratura, quasi fosse un Csm parallelo, ma avrebbe attraversato interessi di alti prelati, politici, imprenditori, forze dell’ordine e, ovviamente toghe.
Che si tratti di verità o veleni spetterà alla procura di Perugia accertarlo.
Come riporta La Nazione, “a Perugia Amara – difeso dall’avvocato Savino Mondello – è già stato sentito due volte: una il 4 febbraio, come emerge dal verbale omissato depositato dalla procura nell’altra indagine scandalo sulle toghe, quella contro Luca Palamara. Nei prossimi giorni il pool di magistrati che sta seguendo “Ungheria” potrebbe risentire Amara e il collega, Giuseppe Calafiore.
Non si sa invece se i magistrati umbri abbiano acquisito o meno l’elenco di 40 o 74 nomi di cui ha parlato Amara e che sarebbe nella disponibilità di almeno tre persone, tra cui un giudice”.
E dunque, come riporta il quotidiano nel servizio a firma di Erika Pontini “lo ‘spettro’ di indagini che attraversano le logge ripiomba quindi in una terra, da sempre nota per l’altissima densità massonica fin da tempi dei nomi-scandalo di ‘Propaganda 2’ sequestrati a Licio Gelli (con personaggi di primo piano della magistratura locale) per poi finire coinvolta nella maxi-inchiesta dell’allora procuratore Agostino Cordova della procura di Palmi tra fine anni ’80 e inizio degli anni ’90. L’indagine fu poi trasferita a Roma (e non portò ad alcuna condanna), mentre a Perugia, nell’ufficio dell’allora pm Fausto Cardella, arrivò la tranche che riguardava Augusto De Megni, Maestro Venerabile e uomo potentissimo. L’accusa era usura e portò a due condanne e alla ‘caduta’ del ‘Maestro’. All’epoca, i carabinieri sequestrarono l’archivio segreto. Non fu certo l’ultima volta. Dieci anni dopo un altro magistrato, Giuliano Mignini, nell’ambito delle indagini sulla morte di Francesco Narducci acquisì gli elenchi delle Logge. Fu un massone in sonno (Ferdinando Benedetti) a raccontare che la massoneria si ‘interessò’ al caso del medico morto in circostanze misteriose per nascondere la verità, mentre l’allora Maestro venerabile Mario Bellucci, a capo della Loggia di cui facevano parte padre e suocero del medico, smentì in aula («in Loggia non fu mai affrontato l’argomento della morte di Francesco Narducci, anche perché la Massoneria non si occupa, per regolamento, di vicende personali»). Nel 2002 ancora un blitz che finisce in polemica: il pm Sergio Sottani che indaga sulla coppia del crack (Gabriela Ottaviani e Vinicio Donti, quest’ultimo massone) sequestra le liste ma il caso finisce davanti al Riesame per l’opposizione della stessa Massoneria. E infine un’indagine che, da sola, evoca quel mondo misterioso, indagato e demonizzato: ‘Piramide’. I carabinieri del Nas bussano alla porta dell’allora Gran Maestro del Goi, nonchè dirigente del Servizio di accreditamente della Regione, Antonio Perelli. Riecco le liste dei ‘fratelli’, o ‘brother’ come li chiamava nelle intercettazioni. In quelle carte, a rileggerle oggi qualche traccia di contatti ai più alti livelli di una massoneria, ora tirata in ballo da Amara, già c’erano. E c’erano pure le pressioni. Come il 29 aprile 2015 nella telefonata di Pereili ad un Venerabile. «Se il professore conosce a Roma il comandante dei Nas». Il feedback è quasi immediato: «C’ho parlato eh… però ha voluto sapere i tempi etc… per vuole l’appuntamento»”.
Francesco Castellini