Il prestigioso pianista Alexander Melnikov per la prima volta nel capoluogo umbro ospite degli Amici della Musica di Perugia
Il concerto si terrà sabato 24 novembre alle ore 20,30 al teatro Morlacchi.
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IL MUSICISTA
Alexander Melnikov si è diplomato al Conservatorio di Mosca con Lev Naumov. Uno dei momenti più importanti del suo percorso formativo a Mosca è stato l’incontro con Sviatoslav Richter, il quale da lì in poi lo ha regolarmente invitato a vari festival in Russia e Francia. Ha vinto numerosi premi in concorsi prestigiosi quali l’International Robert Schumann Competition a Zwickau (1989) e il Concours Musical “Reine Elisabeth” a Bruxelles (1991).
Conosciuto per le sue scelte musicali spesso inconsuete, Alexander Melnikov ha sviluppato sin dal principio della sua carriera un forte interesse per la prassi esecutiva filologica. In questo ambito è stato influenzato dal lavoro compiuto da Andreas Staier e Alexei Lubimov. Si esibisce regolarmente con importanti ensemble di “strumenti d’epoca”, quali la Freiburger Barockorchester, MusicAeterna e l’Akademie für Alte Musik Berlin.
Come solista, Alexander Melnikov ha suonato con importanti orchestre tra cui l’Orchestra del Royal Concertgebouw di Amsterdam, la Gewandhaus di Lipsia, la Philadelphia Orchestra, la NDR Sinfonieorchester, la HR-Sinfonieorchester, la Russian National Orchestra, i Münchner Philharmoniker, la Filarmonica di Rotterdam, la BBC Philharmonic, l’Orchestre des Champs-Élysées e la Sinfonica NHK di Tokyo e con direttori del calibro di Mikhail Pletnev, Teodor Currentzis, Charles Dutoit, Paavo Järvi, Philippe Herreweghe e Valery Gergiev.
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PROGRAMMA
Schubert: Fantasia in do maggiore op. 15 D. 760
Brahms: Sette Fantasie op. 116
Šostakovič: Selezione da Ventiquattro preludi e fughe, op. 87 (1-12)
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Il 1822 è stato l’anno di due celebri lavori di Franz Schubert, la Sinfonia «Incompiuta» e la Fantasia «Wanderer» in programma per il concerto del 24 novembre, pagine composte nei mesi autunnali l’una dopo l’altra. Per quale motivo la Sinfonia sia rimasta ad uno stato incompiuto è una questione sulla quale possiamo sorvolare, mentre la Fantasia è un caso molto raro nella produzione di Schubert: una commissione da parte di un facoltoso proprietario terriero e dilettante di musica, Emanuel Karl von Liebenberg, che era stato allievo di Johann Nepomuk Hummel. È un brano che testimonia il successo incontrato già all’epoca dai Lieder di Schubert, grazie alla mediazione del noto cantante Johann Michael Vogl: non andrebbe dimenticato che il Quintetto con pianoforte «La trota» era stato anch’esso una commissione nel 1819 da un altro dilettante di musica (amico, non a caso, di Vogl) con la richiesta esplicita per una serie di variazioni sul Lied Die Forelle del 1817.
«Con questa nota ci si può accomiatare dalla mia musica, perché è venuta l’ora di smettere» (Sie können mit dem Zettel Abschied nehmen von meinen Noten – weil es überhaupt Zeit ist, aufzuhören). Parole lapidarie di Johannes Brahms nel dicembre 1890, accompagnando dei ritocchi al Quintetto per archi op. 111, in una lettera al suo editore Simrock, ma che – per nostra fortuna – si rivelarono un falso allarme: altrimenti non avremmo mai conosciuto un capolavoro come il Quintetto con clarinetto del 1891, né quel «testamento spirituale» dei venti Klavierstücke del 1892/93 che hanno inizio con le Fantasie op. 116 che verranno eseguite da Alexander Melnikov. Le sette Fantasie dell’op. 116 sono una silloge di contrasti di un musicista bifronte, un «Jano» – appena sessantenne, ma di una salute diventata cagionevole – che con i tre Capricci guarda indietro alla focosità della sua gioventù, mentre con i quattro Intermezzi dà voce ad un’espressività «crepuscolare» e solitaria, accorata nelle sue ambiguità malinconiche. Riflessioni sulla propria mortalità da un lato, dall’altro l’intuizione di aver posto la parola fine al sinfonismo classico con la Quarta Sinfonia del 1885.
24 Preludi e Fughe. Già il titolo ci richiama inevitabilmente i due libri del Clavicembalo ben temperato di Bach, con il loro perfezionamento di un «temperamento» intervallare – detto «equabile» – che, per la prima volta nella storia della musica occidentale, permise un’esplorazione di tutti i gradi della scala cromatica. È un argomento complesso, che risale fino a Pitagora, ma che nel primo Settecento, con lo stabilirsi di «imperfezioni» leggere tra intervalli rimasti in precedenza vicini ad uno stato «puro», consentì finalmente l’esecuzione di brani in, per esempio, fa diesis maggiore (con ben sei «accidentali») accanto a pagine nella tonalità più pura di tutte, do maggiore (priva di diesis o di bemolle), senza dare una sensazione spiacevole di «scordatura». Šostakovič, pianista dalle grandi doti, non rimase immune al fascino rappresentato dal corpus bachiano, e i suoi 24 Preludi e Fughe nacquero – come molti dei suoi quartetti per archi – come un «diario personale», in un periodo particolarmente travagliato.