Il quartiere di Monteluce stenta a rinascere. Imprese subappaltatrici finite in ginocchio, il rischio default e la nuova giunta regionale che cerca soluzioni per uscire dall’angolo. Come cerca soluzioni il Comune. Il sindaco Andrea Romizi ha indicato fine febbraio come data ultima per trovare una soluzione attuabile, ma potrebbe essere tardi. Oggi il Messaggero Umbria riporta che i numeri del rischio default per l’operazione Monteluce fanno paura e sono usciti a margine di uno dei tavoli di crisi. Numeri che fanno la foto della situazione al 30 giugno 2019. Secondo quanto risulta al Messaggero il Fondo Umbria, per il Project Monteluce ha messo in mano a una società specializzata il percorso per un’ipotesi liquidatoria. Secondo quanto filtra è un’ipotesi che le aziende capogruppo che hanno in mano I’ appalto non vedano di buon occhio. Poche pagine e un po’ di schemi in cui l’adivisor ha messo nero su bianco i numeri. Che dicono come la Nuova Monteluce, di fatto, non sta in piedi. I numeri pesanti sono quelli raccontati nello stato patrimoniale dell’investimento. Che infila un attivo superiore a ventidue milioni di euro; mentre le passività arrivano quasi a 55 milioni di euro. Con un disavanzo di quasi 32 milioni di euro. Cioè il buco, anzi la voragine, dell’operazione Monteluce.
Si muovono le istituzioni. La giunta Tesei ne ha parlato durante una riunione dei giorni scorsi, il tema è stato anche trattato nel vertice di centrodestra tra la stessa Tesei, il sindaco Romizi e il senatore Fdi Franco Zaffini. A metà mese si vedranno Regione e Comune con l’assessore Michele Fioroni che fa da cerniera visto il passato e il presente. Il tempo corre e il futuro di Monteluce fa paura. Dove i cantieri (a parte quello dei nuovi uffici comunali) sono fermi e che finiscono a pezzi, giorno dopo giorno. I numeri dell’advisor incaricato di tirare la linea sui conti del Fondo Umbria, secondo quanto risulta al Messaggero, dice che l’esposizione finanziaria con le banche sfiora i 48 milioni di euro. E nell’ipotesi di liquidazione a 22 milioni di euro, cioè il valore stimato di mercato del comparto, c’è un recupero del 70 per cento per i fornitori (ipotesi che non piace affatto a chi aspetta i soldi e ormai è alla canna del gas) e del trenta per cento per gli enti che hanno finanziato l’impresa e per il gestore del fondo.