Video su come realizzare bombe, su tecniche di combattimento e di disarmo e perfino su come occultare i cadaveri.
È partita da Perugia l’indagine che ha portato al fermo di un operaio edile di origini tunisine di 24 anni, risultato anche essere inserito in una rete internazionale di gruppi jihadisti.
Tutto è partito da una indagine del comparto di Polizia Postale di Perugia sul cyberterrorismo, svolta insieme alla Digos.
Gli agenti sono riusciti ad individuare un profilo Whatsapp che era inserito in tre diversi gruppi: “Gli estranei”, “I canti dello stato islamico” e “L’esercito del califfato”. Attraverso questo strumento venivano scambiati messaggi di propaganda.
Grazie alle verifiche della Digos di Bologna e Parma, insieme alla Postale di Bologna si è riusciti a risalire al tunisino che ora è rinchiuso nel carcere di Parma. Nel suo telefonino, durante una perquisizione, erano state trovate immagini con scene di guerra in Medio Oriente, esecuzioni capitali, video di addestramento dei gruppi combattenti jihadisti.
Dalle analisi della Digos effettuate sui contatti telefonici del giovane era emerso anche il suo inserimento in una cerchia ben più estesa di appartenenti ad ambienti jihadisti grazie ai contatti tenuti attraverso le più comuni chat di messaggistica istantanea come Telegram e Whatsapp con utenti dalla Tunisia allo Yemen fino agli Stati Uniti.
Il provvedimento di fermo è scattato lunedì grazie a una complessa indagine che, muovendo i primi passi dal capoluogo umbro, è arrivata a ricostruire i suoi movimenti.
Il rischio di tali infiltrazioni è stato sottolineato dal procuratore generale Fausto Cardella qualche giorno fa durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario. «Il rischio di soggetti attestati su posizioni radicali in grado anche di progettare azioni delittuose sul territorio».