Fotografarsi senza vestiti e mandare le immagini delle proprie parti intime in rete, sembra che sia una pratica molto diffusa fra gli adolescenti. Il fenomeno è stato definito “sexting” e, a quanto sembra è stato classificato come il nuovo ed inquietante volto del cyberbullismo.
Sì, perché è evidente, che una volta spedita la foto, o il video, quel materiale non è più cancellabile e dunque se quell’immagine imbarazzante arriva in mani sbagliate può facilmente dar luogo a ricatti di ogni sorta.
Il bullismo virtuale aumenta così a dismisura tingendosi di ricatti e minacce.
Ad oggi 1 adolescente su 10, dagli 11 ai 13 anni, ne è vittima, mentre per le ragazze la situazione è più critica e il numero sale vertiginosamente fino a raggiungere l’oltre 60 per cento rispetto al sesso maschile. E così ciò che è privato diventa di dominio pubblico con un solo click, con terribili, e spesso gravi, conseguenze per le persone che si sono letteralmente messe a nudo di fronte ad un obiettivo.
La conferma viene da una recentissima ricerca effettuata in Lombardia, in cui si è evidenziato come nell’ultimo anno gli episodi di cyberbullismo tra ragazzi siano aumentati dell’8%.
A questi dati vanno associati quelli rilevati dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza che ha visto coinvolti 8.000 ragazzi e ragazze provenienti da 18 regioni italiane (fra cui anche l’Umbria), di età compresa tra gli 11 e i 19 anni. Lo studio è partito ha prima di tutto evidenziato come tutto ha origine fra i cosiddetti “millennials”, che poi sono semplicemente quelli più connessi, i più desiderosi a costruire la propria identità e di trascorrere la propria vita “dentro un monitor”.
Basti dire che il 50% dei giovanissimi afferma di trascorrere dalle 3 alle 6 ore extrascolastiche con lo smartphone in mano, il 16% dalle 7 alle 10 ore. Uno su 10 va oltre le 10 ore quotidiane, praticamente vive più nel virtuale che nel reale.
Questo iper-coinvolgimento nell’online porta ad una serie di comportamenti a rischio, sconosciuti alle generazioni passate.
Quasi tutte le scuole secondarie italiane negli ultimi anni si sono trovate a dover gestire episodi di questo tipo, verificatisi nelle chat e nei gruppi WhatsApp degli studenti e poi magari denunciate ufficialmente alla Polizia Postale da qualche genitore, nel tentativo di difendere e “ricostruire” la reputazione digitale del proprio figlio.
E fanno storia le parole di Picchio, il papà di Carolina, una ragazza piemontese di 14 anni che si è uccisa dopo che un suo video sessualmente esplicito era stato diffuso in rete dai compagni di scuola ha affermato: «Armati di uno smartphone gli adolescenti sono capaci di rovinarsi la vita”.
Un fenomeno pericolosamente in crescita tanto da aver generato una vera e propria emergenza educativa e spinto l’Associazione degli Psicologi Statunitensi a redarre un Report sulla sessualizzazione precoce delle bambine e delle ragazze ricco di suggerimenti educativi finalizzati a contrastare un fenomeno che rischia di mettere in pericolo la crescita delle nostre figlie. Si parte dal presupposto che generare consapevolezza e significati sia possibile solo all’interno di un progetto educativo.
Ma per far questo occorre sviluppare e promuovere educazione e prevenzione, consapevoli del fatto che comunque sia l’educazione sessuale nel nostro Paese è un tema così dibattuto e contrastato che ad oggi nessuna legge, nessun progetto ufficiale, nessuna attività concreta e formalizzata viene proposta per mandato ministeriale nelle nostre scuole di ogni ordine e grado.
Così molto spesso i nostri figli crescono nel silenzio degli adulti e in un deserto educativo, che genera confusione e li spinge verso il territorio del rischio comportamentale.