Gli effetti collaterali del Coronavirus in Umbria si fanno sentire soprattutto sul fronte economico. Non v’è dubbio alcuno che, da questo punto di vista, il Covid abbia messo l’Umbria in ginocchio.
Lo rileva la Cgil, che ha dato il via a un’azione di mobilitazione partita in questi giorni per far fronte alla “forte sofferenza occupazionale” frutto di una crisi aggravata da “carenze evidenti e di lunga data sul piano infrastrutturale”.
E si apre una settimana di mobilitazione.
Martedì, dalle 9.30, sit-in organizzato da Cgil, Cisl e Uil in piazza Italia, a Perugia – sotto la sede della Regione – dei lavoratori della sanità umbra che protestano per la mancanza di un confronto su organizzazione e programmazione delle attività dopo l’emergenza Covid. Ci saranno anche i lavoratori di Umbria Salute al cui interno 180 precari con contratti in scadenza rischiano il lavoro. Anche i tassisti proclamano lo stato di agitazione e preparano una manifestazione di protesta. Nel Ternano dominano su tutte tre vertenze da quattromila posti: Ast, Sangemini e Treofan.
Sulla Nazione di oggi viene riportata la vicenda della Vetreria di Piegaro, e la frase choc espressa dal presidente Bruno Gallo: “Non investo più a Piegaro”.
E dunque, a quanto sembra, l’Umbria rischia di perdere anche la Vetreria Cooperativa Piegarese.
A quanto sembra a far deviare gli investimenti in altri siti produttivi fuori dalla regione, ci sarebbero gli intralci burocratici, le difficili vie di comunicazione, e l’incapacità della classe dirigente e degli istituti bancari, di recepire le autentiche esigenze dell’impresa.
Nelle sei righe – depositate con una pec indirizzata all’Arpa, alla Regione Umbria, alla Usl Umbria 1 e al Comune di Panicale – il presidente Gallo ritira formalmente la richiesta di valutazione Paur e di fatto rinuncia al progetto.
Peccato perché sul piatto c’era il futuro dell’impresa del vetro, con un nuovo sito produttivo “per 100 posti di lavoro più l’indotto” (scrive Gallo nella Pec) e un investimento stimato di oltre 30 milioni di euro.
Ma sono sempre più gli imprenditori che si dicono “costretti” a cambiare aria.
Ultimo, ma solo in ordine di tempo, anche uno studio grafico e di informatica che dalla Svizzera si era stabilito a Perugia, ma che dopo qualche tempo, visti gli “intralci” e le “incomprensioni”, ha deciso di spostarsi in Emilia Romagna per “poter lavorare in pace”.