Non si arresta la crescita dei contagi e dei decessi nella nostra regione. L’Umbria, con 200 casi positivi ogni 100mila persone e un aumento dei contagi del 26,4% è la seconda regione peggiore di Italia, preceduta solo dalla provincia autonoma di Bolzano (+54,1%).
I DATI DEL CONTAGIO
Ieri, martedì 26 gennaio, sono stati registrati 275 nuovi positivi, a fronte di 4.667 tamponi effettuati.
5 i nuovi decessi, per un totale di 751 vittime dall’inizio della pandemia.
Un rilevante aumento dei ricoveri negli ospedali umbri, 37 in più rispetto al giorno precedente in sole 24 ore, per un totale di 384 attualmente ricoverati, tra cui 50 pazienti ricoverati in terapia intensiva.
133 sono invece i nuovi guariti e gli attualmente positivi nella nostra regione sono 5.169.
L’IPOTESI DI UNA VARIANTE DEL VIRUS IN UMBRIA
Una crescita così esponenziale dei positivi è preoccupante, se si pensa alle modeste dimensioni e la bassa densità demografica della nostra regione. Il rischio è quello di finire in zona rossa a partire dalla prossima settimana.
Il Professor Fabrizio Stracci, membro del Comitato Scientifico Nazionale, in un articolo apparso questa mattina, mercoledì 27 gennaio, sul quotidiano La Nazione Umbria, a firma di Michele Nucci, ha avanzato l’ipotesi di un’eventuale variante del Covid a maggiore diffusione che circolerebbe in Umbria e che spiegherebbe questo aumento incontrollato dei nuovi positivi.
“Si tratta solo di un’ipotesi, sia chiaro – ha puntualizzato il Professor Stracci – che speriamo non si avveri, ma finché non sequenziamo i contagi non potremo saperlo”.
Secondo l’epidemiologo, per intervenire bisogna fare “qualcosa di incisivo e strategico. Come ad esempio una campagna di test diagnostici nelle aree con maggiore incidenza. Gli interventi però vanno coordinati sotto diversi punti di vista, serve una strategia e non vanno messe in campo azioni per convivere con il virus”.
“L’alternanza delle fasce – ha aggiunto il docente – non sta portando buoni risultati per nessuno. Già a ottobre dicemmo che sarebbe stato meglio chiudere tutto per un mese, un mese e mezzo. Un po’ di letteratura c’è che lo conferma: chiudere tutto per tutti in un tempo concentrato fa di più che tante mezze misure. Serve insomma più determinazione – ha concluso Stracci – ma non abbiamo le risorse psicologiche per farlo. E adesso non c’è manco il Governo…”.