Si allunga di ora in ora la lista dei medici morti per il Covid-19 dal Nord al Sud Italia. Il totale ha raggiunto i 51 decessi, si apprende dalla Federazione degli ordini dei medici.
E a latere di questo dato drammatico c’è da registrare anche l’aumento del numero degli operatori sanitari contagiati: sono 6.414 gli affetti da SarsCov2 secondo gli ultimi dati resi noti dall’Istituto superiore di sanità (Iss). L’età media è di 49 anni ed il 35% è di sesso maschile. Si tratta di circa il 9% dei casi totali segnalati.
È “evidente – afferma l’Iss – l’elevato potenziale di trasmissione in ambito assistenziale di questo patogeno”.
Un grido di allarme e di dolore arriva dai medici italiani: “La maggior parte dei colleghi sono medici del territorio, salgono le perdite anche per gli odontoiatri, tra gli ospedalieri compaiono nella lista lugubre anestesisti, pneumologi, infettivologi, ma non è dato di sapere quanti sono ricoverati in questo momento e le loro condizioni. Deceduti e ricoverati anche tra gli operatori e vari livelli infermieri e soccorritori: gente sana per definizione, in origine”.
È quanto si legge in un comunicato diffuso da Giovanni Leoni, segretario Cimo (Comitato italiano medici ospedalieri) Regione Veneto, che fotografando la situazione nazionale afferma: “Sappiano solo i dati grezzi degli infetti di oggi e come operatori Covid-19, in Italia siamo a 6.414 su 73.780, attorno all’8,7 % del totale, una enormità”.
“Noi vediamo adesso gli effetti dei comportamenti dei nostri colleghi di circa 30 giorni fa – prosegue il comunicato –, colleghi che hanno continuato a lavorare con procedure e protezioni inefficaci nella pratica in ospedale e sul territorio”. Medici, infermieri, professionisti sanitari e volontari “probabilmente si sono ammalati perché non sono stati dotati di dispositivi di protezione adeguati nel contatto diretto con pazienti malati”. In attesa di nuove indicazioni dell’Oms, conclude Leoni, chirurgo generale all’Ospedale Civile di Venezia e vicepresidente Fnomceo, “medici, infermieri, Oss e professioni sanitarie continuano ad infettarsi ed a morire in una guerra al coronavirus che si poteva affrontare diversamente. Questi sono i fatti, quante di queste morti potevano essere evitate?”.
“Non abbiamo mascherine e non veniamo sottoposti a tamponi se non abbiamo sintomi”.
E a proposito di tamponi oggi il Corriere dell’Umbria riporta la storia di un infermiere che lavora in una struttura per anziani, che temendo di essere affetto da Covid-19, e pur essedosi rivolto alle strutture sanitarie, non è riuscito ancora a farsi fare l’esame. Tante le domande inoltrate e tante le peripezie. L’unica cosa che è riuscito ad ottenere è il consiglio di starsene in quarantena 14 giorni a casa. Ma al quotidiano confessa: «Non ho la certezza di non aver avuto il Coronavirus e io con che coscienza adesso torno a lavorare tra due giorni in mezzo a decine di anziani e altrettanti operatori miei colleghi temendo di essere positivo?».