Dall’inizio dell’epidemia, si è sempre parlato del pericolo nel quale incorrevano gli anziani. Le notizie degli ultimi giorni ci mostrano come questo rischio sia diventato sempre più reale e quanto la morte sia vissuta in solitudine, lontano dagli affetti. Papa Francesco, nella Messa a Santa Marta, ha disegnato la paura di tanti anziani. Una paura che si legge negli occhi smarriti degli anziani. Occhi che raccontano il timore per una vita che si spegne, che in altri momenti sarebbe naturale, ma che oggi “in questi giorni di tanta sofferenza” – ha detto il Papa a Santa Marta – ha un non so che di ingiusto e tragico. E’ impossibile stringere la mano di chi si è amato tutta la vita, regalare una parola da conservare nel cuore. Nulla di tutto questo si può vivere.
La cronaca ci offre notizie di Case di riposo in isolamento, di strutture dove il contagio del coronavirus non si è fermato, di Paesi isolati proprio a causa di questo, come accaduto a Nerola, un Comune alle porte di Roma. Qui in una residenza per anziani si sono registrati oltre 70 casi positivi. La morte degli anziani non può essere archiviata con facilità, farlo sarebbe l’effetto della “cultura dello scarto” che Papa Francesco ci ha insegnato a conoscere. La loro scomparsa è perdita di saggezza, di memoria, di percorsi che possono ancora dire molto, di un dialogo che si interrompe con i giovani. Sono loro che, in molti casi, hanno pagato con la pensione le bollette dei figli che altrimenti non sarebbero state pagate, sono i nonni i compagni di gioco per i nipoti, una forza che ha permesso ai figli anche di risparmiare i soldi per le baby sitter, una spesa che avrebbe ridotto gli stipendi all’osso.
In Umbria gli anziani sono 77mila e su questa fascia di popolazione a rischio pone l’attenzione Mario Bravi, presidente Spi Cgil regionale, che stigmatizza così la questione: «L’emergenza sanitaria mette a nudo la solitudine tra gli over 80».
Ecco allora che la proposta di Massimo Fratini (Metrocittà), consigliere delegato alla Protezione civile, è un progetto da tenere in considerazione.
In una intervista alla Nazione dice: «Mi ha colpito molto una frase circolata in questi giorni riferita agli anziani: “Quelli che non uccide il virus, uccide la solitudine”. Proprio per questo sto vedendo un fiorire di iniziative parrocchiali, associative, culturali. Tutti si stanno chiedendo come poter fare per aiutare la vita “domiciliare forzata” delle persone che hanno maggiori difficoltà. Anziani, disabili, persone sole. E’ una gara di solidarietà ammirevole. Ma si insinua, legittimamente, il dubbio del rischio. Mentre come istituzioni ci confrontiamo sulle modalità di intervento per i volontari, mi sento di condividere una sorta di campagna: “Adotta un anziano… Al telefono”. Cominciando dai parenti. Nonni, amici, zii lontani. Perché non continuare a mettere in piedi, come alcuni già fanno, gruppi di “ascoltatori telefonici”. Usando anche WhatsApp, Skype o altro. Ogni associazione, parrocchia, gruppo di volontariato potrebbe organizzare, d’intesa con i Comuni e con i servizi sociali, dei veri e propri gruppi di ascoltatori. Ciascuno con la propria certificazione (per evitare truffe e raggiri). La paura, la solitudine potranno essere alleviate da queste amicizie telefoniche. E’, paradossalmente, un’ occasione grande. Non sprechiamola».