Luci accese dalle 21 in segno di protesta. Sono quelle di bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie e locali di tutta l’Umbria che in coro gridano: «Forse è l’ultima volta, ci hanno abbandonato». Gli imprenditori del settore puntano il dito contro un Governo che, a loro dire, «non li ha mai ascoltati su tasse, sostegno economico e riaperture per avviare una seconda fase dopo l’emergenza». La regione si trova stretta tra le maglie del Dpcm che consentirà l’asporto solo dal 4 maggio, mentre molte altre regioni hanno già autorizzato bar, ristoranti, friggitorie e gelaterie a far venire i clienti a prendere le pietanze.
A seguire un’altra azione simbolica: gli esercenti andranno sotto i Municipi a consegnare le chiavi dei locali. “Le daremo ai sindaci perché le consegni al premier Conte. Li gestisca lui i nostri locali”. Intanto il movimento sta studiando un protocollo da proporre al presidente del consiglio e chiede che «nella task force dell’emergenza governativa ci sia una delegazione del comparto per illustrare le reali necessità e incongruenze che ci sono nei decreti attuali».
Gli esercenti di bar e ristoranti non ne possono più. Contro un allontanamento della riapertura e contro le misure di chiusura obbligata adottate dal Governo in molte città italiane si è data vita ad una protesta. Una contestazione molto civile, visto che il modo per far notare il proprio malessere ed esprimere così la contrarietà a tali mirati provvedimenti, si è pensato di tenere accese le luci dei locali chiusi.
Anche in Umbria molti hanno aderito a tale manifestazione. Nel capoluogo una decina di locali tra cui, Il bistrot, Il Testone, Hogan’s e Peppone, hanno fatto propria la richiesta del Movimento imprese ospitalità lanciata a livello nazionale. Ma all’accensione dell’insegna si è assistito anche a Orvieto, Foligno, Passignano, Ellera e Spoleto.
Tutti così manifestano la propria insofferenza, ma è anche un modo per chiedere a gran voce le misure economiche che salavaguardano le microimprese.
Queste le richieste più incalzanti avanzate dai vari gruppi di commercianti che hanno aderito alla protesta pacifica.
1) Un risarcimento in misura percentuale direttamente ai proprietari dei nostri locali commerciali, anziché il credito d’imposta per noi esercenti
2) Il blocco delle utenze non domestiche fino a fine emergenza
3) Il blocco delle procedure di iscrizione CRIF e CAI
4) Un contributo mensile nella misura del 30% del fatturato annuo da rapportare in dodicesimi o un contributo rapportato alle condizioni economiche del nucleo familiare e i carichi di famiglia secondo i parametri del reddito di cittadinanza
5) Congelamento delle pretese tributarie anche iscritte a ruolo fino all’entrata a pieno regime della vita quotidiana
6) Congelamento con prolungamento di ogni forma di finanziamento in corso
7) Concessione di utilizzo scoperto bancario per il pagamento di assegni che dimostrino pagamenti di fatture per forniture antecedenti l’inizio dell’emergenza.