– di Gualtiero Card. Bassetti
Con stupore e ammirazione la Chiesa italiana ha accompagnato Papa Francesco nel suo viaggio in Iraq. La visita è stata un segno di speranza per l’intera umanità, un grido che si è alzato contro le guerre, i radicalismi religiosi, le violenze. Il Santo Padre è stato in una terra che è lo specchio delle contraddizioni del mondo, dei suoi problemi, delle sue ingiustizie. La presenza del Papa ha inteso essere un richiamo al «vincolo della pace» che deve unire la famiglia umana, si direbbe citando San Paolo.
La visita è stata chiesta con forza dal Patriarca di Baghdad, Card. Louis Raphaël I Sako, a cui mi lega una profonda amicizia. Il Cardinale Sako è stato uno dei protagonisti dell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” che lo scorso anno ha riunito a Bari per la prima volta i vescovi di venti Paesi del bacino. Sako ci ha portato la testimonianza di una terra segnata dai conflitti, che ha vissuto e vive la tragedia dei fondamentalismi che minano la convivenza civile. Non possiamo arrenderci di fronte a questi drammi. E non possiamo cedere alla cultura dell’indifferenza. Volgere lo sguardo dall’altra parte, far finta di non vedere, non tendere la mano a chi ha bisogno di aiuto è un peccato in cui ciascuno di noi rischia di cadere.
Un mio particolare pensiero va ai cristiani. Essi sono una minoranza perseguitata, che rischia di scomparire. Come Chiesa siamo tenuti a essere al loro fianco: con la preghiera e con gesti concreti di prossimità. In questi anni la Conferenza Episcopale Italiana ha sostenuto numerosi progetti di aiuto per le parrocchie e i giovani. Anche io avrei dovuto visitare l’Iraq oltre un anno fa; ma prima gli scontri interni e poi l’emergenza sanitaria mi hanno costretto a rinviare la visita. Tuttavia l’Iraq resta nel mio cuore come luogo benedetto dal Signore.
L’Iraq richiama anche la grande questione delle migrazioni. In migliaia hanno dovuto lasciare il Paese a causa della guerra e delle violenze. E’ un dovere cristiano l’accoglienza del prossimo, superando le paure e gli stereotipi che talvolta possono presentarsi. Occorre un sforzo collettivo perché siano migliorate le condizioni di vita nelle terre d’origine. Al centro deve esserci il concetto di cittadinanza che implica il rispetto dei diritti umani e un’equa distribuzione dei beni. Perché non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza pace.
Papa Francesco ha visitato Ur dei Caldei, la terra di Abramo. Giorgio La Pira, che è stato l’ispiratore dell’incontro sul Mediterraneo a Bari, vedeva nel nostro mare il luogo d’incontro della grande famiglia abramitica, ossia di cristiani, ebrei e musulmani. Il viaggio del Santo Padre è stato uno straordinario invito alla fraternità che è forza intrinseca al genere umano. San Paolo ci dice che c’è «un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti». Ecco, unica è la famiglia umana. E la solidarietà è un dovere. Ce lo ricorda con lungimiranza il Papa nell’enciclica “Fratelli tutti”: «chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro al muro che ha costruito, senza orizzonti». Via maestra è il dialogo: fra tutti gli uomini, e quindi anche fra le religioni. Si tratta della risposta anche alle derive radicali e alle persecuzioni.
«Siamo tutti sulla stessa barca», aveva detto ai vescovi del Mediterraneo e ha ripetuto Papa Francesco nella preghiera contro la pandemia in piazza San Pietro di un anno fa. La Chiesa è chiamata a essere fermento di una nuova civiltà dove il male e le sopraffazioni non siano la regola. E il viaggio in Iraq è stata la testimonianza di questo impegno che non conosce confini.