L’alcova ardente di Cleopatra e le stelle cadenti di Luigino Di Maio
di Adriano Marinensi
Come un buon padre di famiglia, che ha un po’ di beni al sole da inserire nell’asse ereditario, anche il dodicesimo dei Tolomei, fece testamento. Non era un qualunque riccone dell’antichità: Era un Faraone d’Egitto! Uno di quegli onnipotenti che si facevano seppellire dentro le Piramidi, le immense costruzioni sepolcrali, erette sulla pelle (e con la pelle) di migliaia di “poveri cristi” , impegnati in fatiche sovrumane per squadrare e trasportare blocchi di pietra enormi, con i mezzi in uso durante quel tempo lontano. Mi pare di vederli, sparsi qua e là, afflitti dalla calura micidiale, non pochi schiacciati da un masso come piadine remagnole, altri rimasti con una gamba sotto il pietrone, altri ancora, infortunati sul lavoro e mandati al macero. Pane (poco) e fatica (tanta). Per trascinare, sollevare, accatastare a forza di braccia, semmai ne avessero ancora due.
Nel documento testatorio, Tolomeo decise soprattutto di spartire il suo faraonico potere all’atto dell’augusto trapasso. Due i figli citati nel documento: Cleopatra e il fratello minore. Ma, secondo la buona regola che vuole “fratelli, coltelli”, Cleopatra, ancora fanciulla, sul trono ci volle mettere solo il suo sedere. Prese il timone di un regno, agitato dai rissosi raduni di piazza (i no vax ancora, per sua fortuna, non c’erano) e oberato di debiti. In parte contratti a Roma dai suoi avi Tolomeo IX e X, impegnati a farsi guerra tra loro, com’era costume di famiglia. Oppure ad andare a nozze tra consanguinei (anche fossero fratello e sorella) per conservare integro il lignaggio della stirpe.
La bella (almeno quella vista al cinema) Cleo sosteneva di essere l’incarnazione della venerata dea egizia Iside, sorella e moglie di Osiride. A Cleo morì il padre che aveva appena 18 anni e il peso del governo le cadde addosso. Ebbe subito a che fare con una Roma alla vigilia dell’Impero. Giulio Cesare aveva da poco passato il Rubicone. Era pieno di gloria e di ricchezze depredate ai Galli a furia di saccheggi, violenze e ammazzamenti. Sistemate le faccende contro Pompeo, ucciso proprio dai sicari del Faraone (la testa offerta in omaggio a Cesare, lo fece imbufalire), il generalissimo andò a conquistare l’Egitto.
Plutarco racconta di una Cleopatra, quando ancora non era regina, ma già prosperosa, che si presenta, per la prima volta a Cesare, mezza discinta e avvolta in un arazzo. E l’uomo più potente e arcigno della romanità fu colpito da un fulmine d’amore, malgrado entrambi fossero sposati e, per età, quasi come padre e figlia. Divenuta Cleopatra VII, ella rafforzò il suo dominio nel talamo – dicono gli storici – durante notti di fuoco. Così nacque Cesarione, figlio del peccato. Perché, i romani non lo presero dal verso giusto quel soggiorno vacanziero di Cesare, ad Alessandria. Venne presto la quasi primavera (44 a. C.) quando l’ormai divenuto dittatore fu assalito a coltellate nell’aula del Senato. L’aruspice l’aveva avvertito: Cesare, guardati dalle idi di marzo, ma lui era il divino Cesare e non gli dette retta. Mal gliene incolse.
La scomparsa del drudo mise Cleopatra nelle peste. A Roma, Marco Antonio era diventato il dominus. Quando incontrò Cleopatra che, a trent’anni, stava nel pieno del fulgore fisico e regale, come Cesare fu assalito dalla concupiscenza e finì tra le braccia dell’incantatrice. Dunque, altra accoppiata vincente e altro connubio di brace, tanto da produrre tre figli, due gemelle e un maschio. Produsse pure la decisione del Senato romano di dichiarare l’innamorato cotto “nemico della Patria”. A mettere i bastoni fra le ruote, ecco arrivare Ottaviano Augusto, il primo degli Imperatori giallorossi. Sbaragliò la flotta di Marco Antonio ad Azio e lo sconfitto ricorse al “carachiri”. Cleopatra disperata si fece mordere il prosperoso seno dalla vipera e così la tragedia di Shakespeare volse al termine. Lo stesso Cesarione divenne vittima, eliminato per evitare complicazioni dinastiche. La sorte aveva deciso che la dinastia dei Tolomei dovesse finire a tal punto, insieme al sogno di Cleopatra, che tra un amore e un altro, aveva concepito il disegno di rendere l’Egitto un Paese tetragono e avanzato. E lei la più famosa Regina vissuta sulle sponde del Nilo. Nella narrazione tramandata, resta comunque personaggio di spicco, intorno al quale storia e leggenda hanno tessuto la trama di enorme fascino. Con una ricca cineteca di carattere spettacolare e pure comico (Totò e successivamente Alberto Sordi).
Ancora una volta, chiedo di avvalermi della facoltà di saltare di palo in frasca. Considerate le truffe milionarie organizzate attorno al reddito di cittadinanza, mi sono presa la briga di conoscere che fine avessero fatto i navigator, inventati simpaticamente da Luigino Di Maio. Navigator: a volte il fascino della parola ammalia più di Cleopatra. Della riforma del reddito – che pure ha alleviato le pene di molta onesta povertà – stanno pagando pegno proprio i navigator. La frottola populista li sta mandando a Caporetto. Dovevano trovare lavoro ai fruitori del beneficio e, ormai in tanti, fiutata l’aria poco odorosa, si sono messi in proprio per cercare una occupazione seria.
La bolla dentro la quale sono stati intrappolati è in fase di scoppio e quindi ognun per sé e dio per tutti. Gioventù bruciata! A meno che non debbano essere richiamati in servizio a breve. Vista la drastica riduzione delle cadreghe in Parlamento e la possibilità di elezioni anticipate, non saranno pochi gli attuali seduti a Montecitorio ed a Palazzo Madama, impegnati nella spasmodica ricerca di uno stipendiuccio. Allora di nuovo, sotto con i navigator. Ci penserà di nuovo Luigino, il titolare del marchio di fabbrica, almanaccato durante il farsesco sogno d’una notte di mezza estate.