di Bruno Di Pilla – E continuano beffardamente a chiamarli stipendi, in qualche caso addirittura salari. Mentre onesti lavoratori da mille euro al mese rischiano ogni giorno la vita per guadagnare il pane quotidiano e talvolta la perdono, per le carenti misure di sicurezza adottate nei cantieri da imprenditori (in genere medio-piccoli) senza scrupoli, le giovani generazioni restano pressoché ipnotizzate dai faraonici emolumenti accordati ai cosiddetti divi del calcio, in realtà veri e propri mercenari, cui vengono elargite annualmente decine di milioni provenienti da chissà quali attività.
Qua e là per l’Europa, sceicchi e prosperosi uomini d’affari ingaggiano “professionisti”, giovani e vecchi, senza badare a spese, mentre giornali e tv relegano in secondo piano i pianti e le sacrosante proteste dei familiari delle tante vittime del lavoro, quello vero. Così come vengono accolte con cinico scetticismo le pressanti richieste del Segretario CGIL, Maurizio Landini, di una patente a punti per le imprese, affinché si tenti di stanare e punire la colpevole superficialità di quei datori di lavoro che non rispettano le regole imposte dalla vigente legislazione.
Mancano anche, purtroppo, ispettori statali che si rechino a verificare di persona il comportamento degli imprenditori. Non si può morire così spesso lavorando, così come non è possibile che un Paese civile come l’Italia continui ad ospitare il criminale fenomeno del capolarato, le cui vittime sono quasi sempre immigrati di colore.