di Bruno Di Pilla – Cinque miliardi e mezzo d’immediati risarcimenti (o “ristori”, secondo la terminologia del Governo) non sono briciole. Ne beneficeranno subito, a partire da novembre, le 450.000 aziende italiane momentaneamente costrette alla chiusura per l’inarrestabile corsa del virus, che ogni giorno miete centinaia di morti e provoca il sovraffollamento dei nosocomi.
A chi giovano distruzioni e violenze di piazza? Il fondato sospetto è che a soffiare sul fuoco sia, come al solito, la criminalità organizzata, in questi casi puntualmente spalleggiata da estremisti il cui unico fine è quello di mettere a soqquadro la società. Usi il pugno di ferro, lo Stato. Al Viminale compete l’obbligo di soffocare sul nascere ogni forma d’insubordinazione che danneggi la pacifica convivenza dei cittadini, i quali hanno peraltro il dovere (art. 54 Costituzione) di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne le leggi.
D’altronde, i delitti contro l’ordine pubblico sono duramente puniti dal titolo V del libro secondo del Codice Penale: l’art. 414 infligge la reclusione da uno a cinque anni per l’istigazione a delinquere ed il 415 dispone la reclusione da 6 mesi a 5 anni per chiunque istighi alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all’odio fra le classi sociali quando si verifichino gravi pericoli per la collettività. Saccheggi e devastazioni sono inoltre puniti (art. 419) con la reclusione da 8 a 15 anni, così come è opportuno rammentare ai vandali che l’attentato ad impianti di pubblica utilità (art. 420) è sanzionato con la reclusione da uno a quattro anni. Le civili manifestazioni del pensiero e del proprio dissenso sono legittime, le violenze vanno represse senza pietà.