di Adriano Marinensi – Il titolo di questa nota è il ritornello che fa anche da parola d’ordine in ogni dibattito politico. Tra i mille disaccordi che danno il ritmo all’attuale confronto, una intesa pare ci sia: obiettivo prioritario e privilegiato da perseguire, usando il Recovery Fund, è il recupero e la crescita dell’occupazione. Lavoro soprattutto di qualità per il futuro dei giovani. Ma anche occupazione per ridare un reddito alle tante famiglie messe in difficoltà persino dalla perdita del lavoro nero, oltre che precario. C’è stato un terremoto sociale che ora impone una rapida ricostruzione. C’è molto da rinnovare nell’ organigramma del mercato del lavoro: metodi e contenuti dell’offerta e nella preparazione culturale della domanda. Le sempre più avanzate frontiere tecnologiche aprono grandi strade (impervie?) a professioni di elevata specializzazione.
Quello della formazione professionale è un problema da risolvere anche a Terni. Una città che ha la pretesa di usare a fianco l’aggettivo “industriale”, non può essere priva di uno o più centri dove si insegnano nuovi mestieri. Innanzitutto rivedere i metodi tradizionali e privilegiare i profili formativi richiesti dal mondo della produzione. Adeguate risorse intellettuali vanno utilizzate nella ricerca di giusti raccordi tra università, industria, artigianato, in termini organici ed efficienti. Gli Enti locali e regionali, il Sindacato sono chiamati a fare la loro parte nella azione di proposta e progetto. Occorre avviare una linea politica di interventi operativi che stimolino il sistema economico, attivando servizi alle imprese, in modo da ridurre la “pioggia finanziaria” ed aumentare il sostegno all’imprenditoria che produce ricchezza. E trovare la chiave giusta per mettere su un piano di modernità, il settore degli ammortizzatori sociali e di salvaguardia del lavoro. Vanno incentivate iniziative, soprattutto tra i giovani, per diffondere la cultura d’impresa e la progettualità aziendale. Per accrescere la capacità di competere nell’economia globale, forte attenzione va rivolta ai livelli di produttività oltre quelli della produzione. Terni, per risollevarsi e ripartire – come propagandano i manifesti esposti nelle vetrine dei tanti negozi chiusi – ha bisogno di nuove “risorse propulsive” e di tanti posti di lavoro.
Nella programmazione amministrativa, oltre ad una maggiore efficienza dell’apparato tecnico – burocratico, si impongono, ormai in maniera ineludibile, spazi di impegno nella tutela ambientale con, in primis, la lotta all’inquinamento atmosferico ed acustico, l’igiene del suolo, la regolamentazione del traffico, del servizio di trasporto collettivo, il completamento di numerosi lavori incompiuti e problemi irrisolti da tempo antico. L’alibi del dissesto del bilancio comunale ormai non regge più. Su livelli di alta qualificazione vanno mantenute le strutture socio – sanitarie messe a dura prova dall’epidemia. C’è un tessuto di piccole e medie imprese industriali e artigianali che costituisce risorsa da sostenere e valorizzare per la differenziazione economico – produttiva dell’intera conca ternana. Un ruolo strategico (e coraggioso) è richiesto al comparto finanziario pubblico e soprattutto privato. Per quanto riguarda la grande impresa, oggi, a Terni, la siderurgia non alimenta più solide speranze nell’offerta di lavoro, la chimica è scaduta, l’agricoltura – che pure presenta nei terreni di pianura, irrigati dal fiume, possibilità per le coltivazioni specializzate – non ha mai assunto dimensioni industriali, la differenziazione produttiva in campi diversi da quelli usuali, non c’è stata.
A livello nazionale (e pure locale), in tempo di epidemia, si è presentata una novità assoluta e un nuovo inglesismo: il lavoro da casa, alias lavoro da remoto, alias smart working. Strumento centrale il computer, però non più usato sulla scrivania dell’ufficio all’interno di un orario stabilito e controllato. Invece, posto sul tavolo della propria sala da pranzo oppure sulle ginocchia, seduti in salotto oppure in macchina mentre guida la moglie. Ne risulta sconvolto un quadro complessivo ormai atavico e sperimentato, sostituito da un altro ancora tutto da regolamentare e collaudare. Saranno fondamentali la fiducia e il senso di responsabilità. Un cenno merita il reddito di cittadinanza che, seppure ha soccorso povertà insopportabili, sul versante della nuova occupazione (ch’era l’approdo prioritario) si è mostrato fallimentare (a caro prezzo).
Nel campo energetico, siamo al “rivolgimento”: le fonti green ormai sono entrate nell’uso, nel costume ed anche nella sensibilità popolare. Compresa l’utilizzazione dell’elettrico nella mobilità a scoppio. Occorre assecondare la richiesta delle rinnovabili, al fine dell’abbattimento della CO2 e delle altre sostanze nocive per l’uomo e l’ambiente. Fondamentale sarà, nel breve periodo, la diffusione dei servizi destinati alla nuova generazione dei motori senza emissioni. Con un occhio attento ai conseguenti bisogni di energia elettrica che la “rivoluzione silenziosa” imporrà.
Se vorremo mantenere la sempre promessa riduzione del carico fiscale sui redditi dei cittadini, non sarà possibile prescindere da una forte azione a favore del “debito comunitario” e ancor più del “fisco unico europeo”; per garantire, nell’immediato, l’uscita dall’emergenza sanitaria e, nel futuro un equilibrato sistema di imposizione contributiva. C’è da conseguire un risultato di giustizia insieme a quello finanziario. Altrimenti la parte del Recovery Fund, destinata al fondo perduto, non potrà generare l’obiettivo sperato. Quella che invece riceveremo sotto forma di prestito, finirà per quasi marginalizzare i propri effetti.
La solidarietà europea è ormai un caposaldo di valore culturale destinata a cementare le Istituzioni comunitarie su nuove basi internazionali. Di un vivere bisognoso di fraternità ed amicizia sociale ha parlato Papa Francesco nel presentare la nuova Enciclica ad Assisi. E della necessità di un nuovo umanesimo si è fatto portavoce, anche lui ad Assisi, il premier Conte. Per rimuovere i pericolosi effetti della pandemia, dovrà affermarsi una diversa idea di società civile, imperniata su linee guida che riducano gli egoismi urbani. Così da costruire, a livello di opinione pubblica, un modello più armonico di comunità, di cultura esistenziale, di partecipazione democratica. Dopo i recenti “passi avanti”, si tratterà di spingere, ancora più in alto, l’europeismo solidale, riducendo ancora, con testimonianze di cultura nuova, lo spazio ai sovranisti apocrifi. Un altro loro fantasma ideologico ha perso parte del suo appeal. Concludo: Per la equilibrata gestione del Recovery Fund, in Italia, non promette bene il clima conflittuale tra Governo centrale e Regioni, appesantito da dispute basate su un concetto improduttivo di articolazione delle attribuzioni che genera inevitabilmente ostilità istituzionale. Mentre, lo scadere della situazione di crisi, non soltanto sanitaria, potrebbe generare la ridicola fattispecie dei galli di Renzo Tramaglino nei Promessi sposi.