di AMAR – Usando, con la solita maestria, la penna efficace (come Edoardo Mangiarotti – un altro illustre, nato nello scorso secolo – adoperava, vincendo, la spada e il fioretto), Eugenio Scalfari ci ha regalato, sulla sua “creatura” La Repubblica di due giorni fa, un articolo di notevole interesse, sotto questo titolo: Struggente è il tempo che fugge. Più che un articolo, è un saggio espresso dalla mente, sempre nuova, di un vecchio saggio. Ha dato fondo alla sua esperienza di uomo e di letterato per ragionare intorno ad uno dei temi esistenziali, il tempo appunto, dal quale dipende anche il bene e il male; il tempo che cancella in un attimo le ore liete e sottolinea quelle dolenti. Il tempo (dell’uomo) che si muove sempre in avanti, inesorabile, talvolta crudele nel rapido tramonto, al confronto con l’esistenza quasi perenne dell’universo e dell’essere: trasforma il tempo, in un baleno, il vagito nell’ultimo sospiro. Scalfari sottolinea: Il mio tempo ha cominciato a scorrere dal primo attimo della mia comparsa nel mondo, anzi dall’attimo in cui il mio uovo è stato fecondato e si è trasformato in una grande molecola, poi in un embrione, poi in un feto che era già individuo (l’affermazione è forte, n.d.a.); infine in Me che non ero ancora me, non ero ancora Io.
La prima riflessione, sul tempo struggente che fugge, è affidata a Giacomo Leopardi (“il povero poeta disperato e solitario, deserto di affetti e di confortazione”, lo definisce Scalfari). E Leopardi, nello Zibaldone, annota: “Esso (il tempo) è un accidente delle cose e indipendentemente dall’esistenza delle cose è nulla, è un accidente di questa esistenza, piuttosto è una nostra idea, una parola.” Aggiunge Scalfari: Scriveva questi pensieri da Recanti, durante uno dei dolorosi ritorni sotto il tetto paterno, in quelle stanze severe … il tempo beato della fanciullezza e poi quello tormantato dell’adolescenza … seguendo la pallida luna e gli occhi ridenti e fuggitivi di Silvia. Ancora l’Autore dell’articolo (stavo per scrivele il Collega, quando mi è parsa l’arbitrarietà del paragone): Silenzioso romba il tempo, verso la foce scorre il fiume. Oh natura, noi siamo nati nel tuo grembo tracotanti e intimoriti. Silenzioso sentiamo il tempo rombare che ci trasporta. Mi permetto di confermare – mi perdonerà Scalfari – il suo tracotanti, perché non pochi di noi lo sono stati, nel tempo degli ultimi decenni, facendo strame proprio della natura, che lui invoca, e del creato.
Scalfari cita Pascal: “Quando conto l’orologio che racconta il tempo e vedo il giorno superbo sprofondato nell’odiosa notte; quando osservo la viola non più in fiore e i riccioli neri tutti inargentati di bianco; quando alberi sublimi vedo nudi di foglie che già al gregge schermarono la calura … niente contro la falce del tempo può offrire difesa.” Richiama William Shakespeare così: Il figlio del contadino di Stratford – upon – Avon parla con l’anima sua ascoltando il tempo. C’è un altro modo di parlarle? Scrive di tutto e su tutto: sul potere, sull’ambizione, la cupidigia, l’amore, il delirio, la voluttà … tradisce ed è tradito, ma, mentre vive, mentre scrive, mentre pensa, mentre ama, ascolta il tempo. Insomma per Scalfari (per Leopardi, per Pascal, per Shakespeare e per ogni vivente) è il tempo struggente che fugge l’arbitro del rapido passaggio terreno. Per chi crede, sopravvive lo spirito, però nel mistero profondo, mai da alcuno esplorato. Il lato nascosto del comune ultimo destino.
Potremmo interrogarci pure sul perché del tempo orribile vissuto durante i conflitti mondiali dell’altro secolo, del sonno della ragione e della pietas che lo ha caratterizzato. Sarebbe però una lunga storia. Se non fosse grottesco, si potrebbe chiedere, forse, qualora l’inventore del marcatempo (l’orologio del quale parla Pascal) non fosse mai nato, il tempo sarebbe fuggito inconsciamente? Incalcolato e incalcolabile? Scalfari conclude lo scrivere: E il tempo, che cosa sarà infine del tempo? Il nostro mondo è destinato a vedere il tramonto del Sole, la stella che ha illuminato la varietà e l’unità del nostro Cielo. Sarà probabilmente questo l’avvenire che ci aspetta con sempre maggiore intensità.