Il 30 ottobre è una data storica per l’Umbria. Quel giorno di tre anni fa la Valnerina fu preda di una violenta scossa di terremoto, la più potente registrata nella nostra regione da molti secoli. Non a caso la neogovernatrice Donatella Tesei ha voluto dedicare la prima uscita ufficiale da presidente ad una visita alla città di Norcia.
In attesa della proclamazione ufficiale alla guida della Regione, nella città ferita dal sisma, insieme anche agli consiglieri regionali Donatella Porzi, Valerio Mancini e Francesca Peppucci, Tesei ha voluto lanciare un messaggio conciliante e di speranza, appena abbassate le polveri della campagna elettorale. “Abbiamo messo in calendario molti incontri. Dobbiamo perseguire tutti lo stesso obiettivo. Cercare la diversità nel modus operandi – ha detto Tesei – non sempre porta al meglio. Dobbiamo decidere il più possibile speditamente. Dobbiamo ricostruire per non far venire meno queste comunità. Ricostruzione di edifici ma anche di una comunità dando speranza e certezza. Tutti uniti verso un unico obiettivo”.
A Norcia in queste ore c’è anche il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, per prendere parte alle celebrazioni in occasione del terzo anniversario dalla “botta grossa” che ha devastato la città di San Benedetto.
Come ogni anno la comunità nursina si è ritrovata in piazza San Benedetto alle 7,40 per un momento di riflessione e preghiera. Alla presenza del sindaco, Nicola Alemanno, l’arcivescovo di Spoleto-Norcia, mons. Renato Boccardo, e i monaci della Comunità benedettina di Norcia. L’augurio di tutti, autorità e cittadini, è che ora, finalmente, dalle tante promesse si possa finalmente passare ai fatti concreti.
PAPARELLI: “TRE ANNI DI GRANDE LAVORO”
“Al di là di polemiche e strumentalizzazioni – e tante ne abbiamo sentite soprattutto negli ultimi giorni di campagna elettorale – vorrei, nel congedarmi dalla funzione di presidente della Regione, ricordare alcuni dati oggettivi. A tre anni dal sisma sono 1.591 le domande presentate per la ricostruzione privata e, ad oggi, sono state rilasciate 650 autorizzazioni contributive e sono stati concessi 104.822.209,00 euro mentre 500 famiglie hanno potuto far rientro nella proprie case; sono state delocalizzate 220 attività per consentire loro di riprendere il proprio lavoro; 531 imprese, ubicate nei comuni maggiormente colpiti, hanno potuto usufruire dei finanziamenti degli investimenti delle imprese grazie ai bandi del cosiddetto ‘danno indiretto’ e in seguito alle 51 domande per la ricostruzione ‘pesante’ delle attività produttive sono stati concessi contributi pari 13.736.084 euro. Si tratta solo di alcune delle cifre della ricostruzione e della ripresa economica. Queste cifre celano l’enorme mole di lavoro sviluppata in questi anni con l’unico obiettivo di realizzare una ricostruzione di qualità al fine di restituire alle comunità colpite dal sisma un patrimonio edilizio molto più sicuro ed energeticamente efficiente anche al fine di contribuire ad un processo più ampio di crescita sociale, culturale ed economica, ovviamente nel pieno rispetto della legalità. Proprio per questo, accanto alla ricostruzione delle case e delle attività produttive, per ripartire, si è voluto salvaguardare l’identità delle comunità e del territorio attraverso il ripristino, l’adeguamento e miglioramento sismico degli edifici di proprietà di enti pubblici e di enti religiosi. Ad oggi sono finanziati nella Regione Umbria 174 interventi per un importo totale di 183.396.189,49 euro. Oltre a ciò, lo sviluppo dei territori e la ricostruzione socio-economica post-terremoto sono gli elementi portanti del ‘Master plan della Valnerina e di Spoleto’ – previsto nella legge regionale n. 8/2018 “Norme per la ricostruzione delle aree colpite dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, 26 e 30 ottobre 2016 e successivi. Modificazioni ed integrazioni a leggi regionali” – sul quale, nella prossima legislatura regionale, dovranno concentrarsi gli sforzi di tutti i protagonisti della ricostruzione per rafforzare il percorso di rinascita e sviluppo che è stato pianificato in questi primi anni successivi al sisma. Abbiamo cercato anche di accelerare il processo di ricostruzione per rispondere alla legittima richiesta di un rapido ritorno alla normalità proveniente dai territori colpiti dal sisma: a tal fine sono in arrivo ventisette persone in più in Umbria da impegnare esclusivamente nelle attività di ricostruzione presso l’USR-Umbria e i Comuni che hanno accettato la delega all’istruttoria delle pratiche di ricostruzione privata con danno lieve mentre un altro notevole passo per semplificare l’iter per la ricostruzione è stato fatto con l’approvazione del decreto sisma n. 123/2019. Con il recente ‘decreto terremoto’ varato dal Governo, infatti, l’avvio dei lavori sarà possibile basandosi sulla autocertificazione redatta dai professionisti. Sono consapevole che la sfida della ricostruzione che riguarda l’Umbria sia complessa e difficile ma, come è accaduto in passato con i terremoti del 1979 in Valnerina, del 1984 nell’Eugubino, del 1997 di Massa Martana, Colfiorito ed Assisi, del 2009 di Marsciano, sono certo che i territori colpiti, grazie al lavoro fatto ed impostato sino ad ora, sapranno rialzarsi più forti di prima. Sono stati tre anni di lavoro fatto insieme alle istituzioni, alle associazioni, ai comitati, alle imprese, ai professionisti e soprattutto insieme alle popolazioni locali”: è quanto afferma in un suo messaggio il presidente uscente della Regione Umbria, Fabio Paparelli, per il quale si è trattato di “un lavoro fondamentale per definire un percorso puntuale nel processo di ricostruzione privata che, ad oggi, ha consentito di assicurare equità di trattamento, uniformità nell’applicazione delle regole, trasparenza dei procedimenti e tracciabilità delle risorse. Con franchezza voglio anche dire che con il modello di ‘governance’ che era stato scelto all’indomani degli eventi sismici – e che nessun Governo ha modificato –, e dunque sulla base del complesso delle norme di legge e delle ordinanze commissariali vigenti, è stato realizzato il massimo possibile. Ecco perché ho salutato con soddisfazione anche il recente decreto legge sul terremoto varato dall’attuale Governo, nella consapevolezza che le norme in esso contenute contribuiranno a far fare un importante passo in avanti al processo di ricostruzione. E proprio a proposito di tale decreto voglio rivendicare, con orgoglio, l’aver voluto ascoltare le popolazioni, le associazioni, i rappresentanti delle istituzioni locali, delle professioni, delle imprese, per raccogliere proposte e suggerimenti di cui mi sono fatto personalmente interprete nei confronti del Governo. Una volontà di ascolto che auspico anche da parte di coloro che sono stati chiamati oggi alla guida del governo regionale ai quali assicuro che, anche dall’opposizione, daremo il nostro contributo impegnandoci a tener fuori il tema della ricostruzione dallo scontro politico. Come ogni atto anche questo – ha precisato – potrà essere migliorato in sede di conversione in Parlamento ed il mio auspicio è che tutte le forze politiche vi concorrano, a differenza di quanto avvenuto in analoghe e passate circostanze che hanno riguardato provvedimenti statali per le aree terremotate”.
Ma sul tema del terremoto in Umbria riportiamo il reportage di Umbria Settegiorni, nel quale si fa il punto della situazione e si dà voce ai veri protagonisti di questa drammatica e triste vicenda.
di Francesco Castellini
Sono passati tre lunghi anni dalla prima forte scossa di terremoto che ha messo in ginocchio il centro Italia.
Da allora sui Sibillini il tempo sembra essersi fermato. Dall’alba di quel 24 agosto 2016 qui tutto procede a ritmi lentissimi, mentre a grandi passi il quarto inverno si avvicina minacciando di congelare ancora una volta i tanti sogni e le vacue speranze di rinascita della tenace e coraggiosa gente del posto. Norcia, Castelluccio, Campi, San Pellegrino, da allora vagano senza meta in un vuoto cosmico. Satelliti senz’anima, dove si aggira persa un’umanità residuale, sconsolata, che rincorre fantasmi e promesse tradite, e dove molte case sono rimaste diroccate come allora.
L’intera area del cratere è un posto piagato, dove anche quei pochi “fortunati” a cui sono state consegnate le casette d’emergenza, sono costretti a vivere nel disagio. La fotografia, che viene fuori dai dati diffusi dall’Ufficio speciale per la ricostruzione del Dipartimento della Protezione Civile, è impietosa. Chi abita nelle Sae si muove in spazi angusti, peraltro afflitti da svariati problemi, dalle muffe all’assenza degli allacci necessari per luce, gas e acqua.
E non va meglio a quegli sfollati che vivono in bed and breakfast o hotel che hanno resistito alle scosse, oppure dislocati in varie strutture ricettive qua e là per l’Umbria.
Un numero non certo altissimo ma significativo, soprattutto perché, come spiegano alcune associazioni di cittadini, “quelle condizioni di vita tolgono qualsiasi umanità”.
In tutto sono oltre 50mila le persone che tra Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo tuttora fuori dalla propria abitazione. La maggior parte degli evacuati percepisce il Cas: il contributo di autonoma sistemazione. L’assegno erogato ai terremotati che hanno trovato soluzioni in affitto, che può arrivare anche a 900 euro a famiglia. La spesa per lo Stato è enorme: facendo i calcoli a ribasso, in tutto si parla di 7 milioni di euro al mese.
L’alternativa è ovvia, secondo il commissario per la ricostruzione Piero Farabollini: «Riconsegnare presto le case a chi presenta richiesta di contributo per la ricostruzione».
Già, come se fosse cosa facile! La verità è che il nodo che non si riesce a sciogliere è proprio questo. “A rallentare la ripartenza, così come la rimozione delle macerie, è la burocrazia”, sostengono in molti tra sindaci e cittadini, ancora in attesa di capire se riceveranno o meno un aiuto concreto per ricostruire. Si calcola che le richieste che dovranno ancora arrivare alle quattro Regioni colpite saranno in tutto 80mila, ma per ora solo 2.967 sono state accolte. Andando avanti a questi ritmi ci vorranno almeno 80 anni per vagliarle tutte. E se poi si prende atto che per ora solo il 4% degli edifici distrutti è stato rimesso in piedi, di questo passo si tornerà alla normalità non prima del 2041. Su tutto risuona ormai come una minaccia quel coro di “non vi lasceremo soli” che tutti si sono affrettati ad innalzare nel cielo polveroso fin da subito come un mantra. Lo disse per primo Matteo Renzi quando visitò Amatrice la mattina dopo la tragedia. Lo ripeté Paolo Gentiloni appena insediato, qualche mese dopo. Lo ribadì Giuseppe Conte, poco più di un anno fa, quando scelse le zone terremotate per la sua prima uscita pubblica da presidente del consiglio. Si tratta di una frase che, oggi, provoca solo rabbia e sconforto, e forse le parole giuste le ha trovate Papa Francesco lo scorso giugno, quando andò in visita a Camerino: «Questo non sia il terremoto delle promesse».
Fin qui, in effetti, di chiacchiere ne sono state fatte tante, ma di opere concrete se ne sono viste davvero poche. E così, mentre in tutto il cratere cresce il consumo di ansiolitici (+72% rispetto a prima del sisma), il tempo continua a scorrere lento senza che nulla accada.
A tentare di dare un’accelerazione ci ha pensato la Corte dei Conti, che a fronte di tale sfacelo ha deciso di agire e di volerci vedere chiaro, per cercare di capire a chi addebitare i gravi ritardi, ma anche per tentare di far luce su gravi “mancanze”, da quella relativa alla totale assenza di una previsione sismica, peraltro basata su mappe inadeguate, alla omessa adozione del Piano di ricostruzione, fino al fallito conferimento degli incarichi tecnici. Il vero problema, comunque, riguarda l’uso intelligente ed oculato dei fondi. Dicono tutti che i soldi ci sono. In ogni “decreto terremoto” vengono fatte “aggiunte”, elencate novità sostanziali, ma nonostante questo la ricostruzione continua a non partire.
Tutti guardano al nuovo Governo appena varato, ma anche qui, quell’eco di un ennesimo “non vi lasceremo soli” non sembra far presagire nulla di buono e di fattivo. Non ci crede più nessuno. Legambiente, da tre anni, insieme a Cgil Fillea promotrice dell’Osservatorio Sisma, sottolinea il rimpallo di responsabilità a livello istituzionale. Stefano Ciafani punta il dito dritto contro la politica. «È necessario – dice il presidente dell’associazione ambientalista – che il nuovo esecutivo metta subito in agenda l’accelerazione di una ricostruzione di qualità, innovativa, trasparente, rispettosa del territorio e del lavoro».
Ad oggi, denuncia poi l’Osservatorio Sisma, non esiste un monitoraggio complessivo della ricostruzione né della raccolta e gestione delle macerie. Ogni Regione, infatti, elabora i dati a modo proprio, che poi vengono aggregati dall’Ufficio speciale nazionale, ma spesso utilizzando “metodi di analisi diversi”. L’imprenditrice Cristina Sensi (candidata per la Lega) porta avanti il lavoro del padre nella ditta Fratelli Sensi Marmi di Norcia.
“Il rischio – è il timore dei terremotati resilienti – è quello dello spopolamento dell’Appennino centrale”. “Senza una visione di futuro, è probabile che fra due o tre decenni le case saranno di nuovo in piedi ma sarà troppo tardi, a fronte di una inesorabile desertificazione sociale”. E intanto già ne risente l’intero tessuto economico. Parla per tutti un’imprenditrice, Cristina, che è voluta restare qui per continuare a portare avanti il lavoro iniziato da suo padre, la Fratelli Sensi Marmi di Norcia. Una prova di forza e di coraggio, nella speranza che presto si possa tornare a lavorare e vivere. “Ma qui da ottobre 2016 non si vede più nessuno” è il suo sfogo. “E pensare – dice – che questa montagna, soprattutto nelle stagioni turistiche, è visitata da migliaia e migliaia di turisti. Ci sentiamo lasciati a noi stessi, abbandonati. E pensare che noi siamo artigiani, lavoriamo nel settore edilizio, e qui ci sarebbe tanto da fare. Ma è tutto fermo. Tutto è rimasto impastoiato nella burocrazia. Le macerie private non tutte sono state tolte. Non si sa bene dove portarle, chi deve pagare i trasporti. Siamo vittime di una normativa complessa e farraginosa. A cui si aggiungono controlli esasperati. Tanti sono andati via. È necessario un cambio di marcia. Adesso o mai più». Insomma la ferita è ancora aperta e in gioco non c’è più solo la storia di un paese, ma anche il rischio di veder perdere in questo crepe la propria identità. C’è anche chi una casetta l’ha già ricevuta, ma non può utilizzarla. È il caso dei lavoratori e dei contadini di Castelluccio di Norcia.
“Qui sono arrivate 8 soluzioni abitative – spiega al fattoquotidiano.it Urbano Testa, presidente di un comitato civico -. Inaugurate in pompa magna a giugno, sono ancora prive di allacci”. Così, nonostante i ritmi stressanti e le ore nei campi che sembrano infinite, sono tutti costretti a fare gli eterni pendolari, e i più fortunati a tornare a Norcia per la notte. Il poco che è risorto dopo il terremoto è frutto dell’iniziativa privata, come un container, chiamato “zona Cesarina”, che, racconta Urbano, «è l’unico punto di aggregazione». Ma le realtà nel cratere sismico si assomigliano un po’ tutte. Gente che continua ad fuggire, con la morte nel cuore. Non c’è nemmeno un’area camper, ripetono in tanti, né un luogo di ritrovo, niente. Passata la fioritura, passata la festa. Dappertutto solo pietre e mura crepate. Ma ciò che fa più male è il tessuto sociale, letteralmente strappato. Tre anni sono troppi anche per gente di montagna abituata a sudarsi la vita. E quel che è peggio è quel sentirsi beffati. Perché sì, tutti dicono che ci sono le condizioni per ricominciare, ma più il tempo passa e più si è lasciati soli, e così viene meno la forza, la voglia di riprendere in mano il proprio destino.