On. Marina Sereni – Si può fare una scissione per amore del Partito democratico? E’ un pò come l’ex marito o fidanzato che uccide una donna perché “non vuole perderla”.
Metafora un pò forte, ma vorrei che non si guardasse a questa eventualità fingendo che il giorno dopo tutto possa rimanere come prima. Dall’Ulivo in poi in tanti abbiamo lavorato per unire le culture riformatrici e superare vecchie appartenenze che, dopo il crollo del Muro di Berlino e la fine dei partiti della Prima Repubblica, non erano più sufficienti ad affrontare le sfide del terzo millennio.
Ora siamo ad un passaggio stretto, strettissimo. So che non basteranno accorati appelli all’unità, e sinceramente vedo un logoramento profondo nei rapporti tra i diversi protagonisti. Tuttavia in politica la volontà conta molto e, se decidiamo di ascoltarci e di venirci incontro, credo si debba ancora utilizzare ogni margine per scongiurare una tragedia. C’è in Italia e in Europa un grande bisogno di cambiamento, c’è una grande domanda di buona politica. Alcuni si sono messi in movimento fuori dal nostro partito. Alla nostra sinistra si sta avviando un progetto interessante che aggrega persone disponibili a collaborare per il governo del Paese, traendo spunto dalla positiva esperienza di Pisapia a Milano. Anche al centro si sta delineando un’area moderata che ha invece già sostenuto i governi a guida Pd di questi ultimi anni. Ci piaccia o no in un sistema frantumato torna il tema delle alleanze, ma che senso avrebbe tutto questo se venisse meno il Pd, unico possibile architrave di un’alleanza riformatrice e progressista ampia ma non disomogenea?
Dividersi ora, a pochi mesi dalle prossime elezioni, fa un regalo alla destra e al M5S, allontana gli elettori dal nostro partito e, soprattutto, sfregia il progetto più ambizioso che la sinistra e il centrosinistra hanno realizzato negli ultimi dieci anni. Non esiste un grande partito senza pluralismo ma non esiste neppure un grande partito senza regole che consentano di discutere e decidere. Se non piace questo Pd – e posso capire che se ne vedano anche i molti limiti – si usi il Congresso per un chiarimento di fondo, per riaprire un cantiere politico, per rendere il Pd un partito più aperto, più radicato, più capace di rappresentare la società italiana, più capace di parlare ai giovani e alle parti meno garantite del Paese. Il Congresso non può servire per sancire una rottura prima ancora di iniziare! L’Assemblea di domenica sarà un momento delicato, non si giochi al cerino acceso, non si cerchino pretesti per andarsene, non si guardi con sollievo alla scissione. Se ci sarà la scissione non avrà vinto nessuno e avremo perso tutti.