Andiamo avanti, non rinunciamo all’ambizione di cambiare l’Italia, valorizziamo tutte le energie e i talenti, le risorse e le competenze di cui il nostro Paese è ricco, diamo risposta alle persone impaurite con la concretezza del buon governo e delle buone politiche. Andiamo avanti, non smettiamo di lottare per cambiare l’Europa perché vogliamo rilanciare il progetto europeo, vogliamo più crescita, più apertura, più unità politica, più cooperazione con l’Africa, più capacità di incidere nelle aree di conflitto. Insieme, perché un grande partito moderno e riformista sa anche cambiare se’ stesso, sa vedere i limiti dell’esperienza del Pd di questi dieci anni, sa investire sul rapporto con gli elettori accanto agli aderenti, sa aprirsi ad una società più articolata e complessa, sa coinvolgere i cittadini oggi più che mai esigenti verso la politica ma anche più capaci di dare un contributo appassionato e competente alla vita della propria comunità. Insieme, perché dopo la scissione che assurdamente una parte ha voluto, sottraendosi al confronto e alla competizione congressuale, oggi dobbiamo saper mostrare una collegialità nuova, una classe dirigente plurale e unita. Un punto non trovo del tutto convincente nella mozione e credo che il dibattito congressuale possa e debba servire ad approfondire. Mi riferisco al tema delle alleanze che la mozione considera un argomento “politicista” da affrontare dopo. Certo che i contenuti vengono prima, certo dobbiamo ricostruire alleanze con i mondi sociali, con i giovani, il Mezzogiorno, le donne. Ciò non toglie che, a maggior ragione dopo l’esito negativo del referendum costituzionale, il Pd abbia di fronte una sfida politica nuova. Non possiamo rinunciare all’obiettivo – che è stato e resta alla base dell’identità del Pd – di unire nella società e nella politica le forze riformiste. Né possiamo dimenticare i limiti di esperienze del recente passato quando coalizioni eterogenee e litigiose hanno impedito al centrosinistra di governare e di realizzare riforme profonde. Tuttavia, se vogliamo sconfiggere la destra e le forze populiste, dobbiamo cogliere le novità dell’attuale quadro politico e riposizionare il Pd per essere l’architrave di un campo progressista e riformista più ampio, che si candida a governare l’Italia sulla base di una convergenza programmatica seria, anche attraverso incentivi istituzionali da definire nella nuova legge elettorale. Se non lo facciamo noi chi lo fa? Sono convinta che sia tra i moderati che tra chi si sente più a sinistra di noi ci siano energie, movimento, esperienze civiche che guardano al Pd e a Renzi come interlocutori principali. Si può riaprire un cantiere, sui contenuti e non sulle formule, perché alle prossime elezioni in Italia non si interrompa una stagione di riforme di cui il Paese ha bisogno e che con Renzi abbiamo iniziato in questi ultimi anni.