Siamo in molti a ricordare Lya de Barberiis a Foligno. La grande pianista e didatta romana apparve nel 1992 con i suoi corsi agli Amici della Musica di Foligno. I suoi allievi, allora, suonavano all’auditorium del Gonfalone. Poi si unì in un sodalizio amichevole con la Gioventù Musicale, per la quale, ininterrottamente, tenne masterclasses frequentate da suoi molteplici discepoli. Si prese anche una bella scossa di terremoto in uno dei bellissimi palazzi patrizi che allora ospitavano le sue lezioni. Per carattere, personalità, forza comunicativa, prorompente approccio con la realtà circostante la definimmo, in una intervista di allora, la biblica Giuditta della musica italiana e il paragone le piacque. Attiva in ogni forma di magistero tenne lezioni nella città fulginea anche portandosi addosso, più ottantenne, un devastante herpes zoster: una forza della natura, per farla breve.
Ricordare in una serata questa icona della musica italiana di un “ieri” non ancora dissolto è stata un atto lungimirante ed encomiabile che gli Amici della musica hanno voluto realizzare in un san Domenico che ha visto la presenza di un pubblico raccolto e motivato.
Nel preambolo alla serata Marco Scolastra ha saputo delineare, con funzionali parole, la storia di un rapporto tra Foligno e la titolare della prestigiosa cattedra pianistica dell’Accademia di Santa Cecilia, un rapporto che si è concretizzato con la umiltà che solo una grande musicista può mettere a disposizione dei giovani. Con quaranta concerti per pianoforte e orchestra in repertorio la de Barberiis poteva dare sulla voce a molti, ma il suo esplosivo carattere era mitigato da un senso della concretezza e della modestia che non metteva nessuno in difficoltà.
Eppure la grande signora della musica italiana sapeva di essere una importante tessera del nostro più recente passato. Cresciuta nell’ambito del regime fascista, si era segnalata subito come distinta allieva di Alfredo Casella, il musicista dell’Augusteo che rappresentava le parziali aperture legate alle convinzioni politiche del gerarca Giuseppe Bottai. Questo la portò ad avere una formazione decisamente internazionale, sottolineata dal suo corso di studi a Parigi con Marguerite Longue, madrina di molti talenti pianistici. Grazie alla guida di Casella Lya si aprì alla musica contemporanea di alloro, da Malipiero a Pizzetti, al giovane Petrassi, al cripto dissidente Dallapiccola. Una vera dedizione che ha consentito anche la nascita di molte opere e lei personalmente legate, come i Canti della Stagione Alta di Pizzetti.
Oggi questa musica è fuori repertorio e quindi ha fatto bene Scolastra a creare una piccola coralità di voci per commemorare nella maniera più funzionale una donna la cui presenza, nell’evoluzione del pensiero musicale italiano, non è stata certo marginale. Innanzi tutto convocando al san Domenico Massimiliano Negri, autore della più esauriente monografia dell’artista. Indi presentando sul palco la giovane musicologa Giovanna Carugno che ha raccolto una sorta di “liber amicorum” che presenterà le voci degli allievi e degli amici della de Barberiis. La proiezione di un rarissimo filmato della RAI in cui la pianista suonava il movimento finale del Capriccio di Stravinskij ha concretamente dimostrato di cosa fosse capace questa donna dalle dita d’acciaio.La parte più propriamente esecutiva della serata è stata poi realizzata dal giovane pianista Michele d’Ambrosio che si è fatto carico di due movimenti esecutivi molto legati alla figura della de Barberiis, gli Undici pezzi op. 15 e la poderosa “Sinfonia, arioso e toccata” di Casella. L’Italia, in quel 1936, era scivolata nelle leggi razziali e i musicisti si difendevano come i poeti, evocando la loro Ronda sonora, ricorrendo al passato barocco. Ma la polpa intellettuale di un Casella che si era formato nella Parigi di Jean Cocteau, pur nella prudenza del ripristinato modello del concerto-grosso creava un mostro acustico capace di far avvertire le crepe tra passato e presente. D’Ambrosio ha tratteggiato il trittico possente con un bellissimo senso pianistico, pieno dei colori di un dorato autunno romano.
Non buttate via il programma di sala. Come spesso accade a Foligno sono piccoli pezzi di storia. Nel volumetto ci sono note biografiche pregevoli, ci sono foto che parlano e c’è la pregevole intervista che Pia Fanciulli raccolse dalla voce della de Barberiis nel 2009. È già un frammento del passato.
Stefano Ragni